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La chiamano flessibilità, ma è deficit. e prima o poi qualcuno pagherà!

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renzibollitodi MATTEO CORSINI

Ha dichiarato Matteo Renzi: “Adesso la flessibilità fa parte delle regole e vale fino all’1% del Pil, per l’Italia oltre 16 miliardi di euro”. Nella neolingua cara a coloro che vedono nel deficit di bilancio un volano per la crescita economica, il termine “flessibilità” indica né più né meno che fare più deficit con la Commissione Ue che fa finta di niente. L’unica certezza è che il deficit dovrà prima o poi essere pagato da qualcuno. Ma i beneficiari della maggior spesa fatta in deficit sono identificabili (si vedono, direbbe Bastiat), mentre chi pagherà il conto non è altrettanto agevolmente identificabile (costoro non si vedono).

Nella narrazione renziana, da una parte ci sono quelli che guardano al futuro con entusiasmo e credono che il problema delle risorse con cui finanziare tutti gli slanci del presidente del Consiglio sia tale solo perché le regole europee pongono assurdi limiti al deficit; dall’altra ci sono persone che non sanno guardare al futuro, che hanno una mentalità ristretta. In realtà questi ultimi sono rei semplicemente di sottolineare che nessun pasto è gratis e che non esiste crescita sostenibile basata sullo spendere costantemente più di quello che si incassa (che, pure, non è poco).

Ciò detto in merito alle pseudo virtù del deficit spending, c’è un ulteriore problema per Renzi: la flessibilità è concessa con ampi margini di arbitrarietà dalla Commissione Ue. In buona sostanza, tra il governo di turno e la Commissione Ue si genera una situazione da suk, in cui, a parità di condizioni, un governo ottiene flessibilità e un altro ne ottiene di meno o non ne ottiene per nulla.

Renzi ha fatto approvare al Parlamento una legge si Stabilità per il 2016 con circa un punto di deficit oltre gli obiettivi precedentemente concordati in sede europea, tra l’altro con stime di crescita del Pil abbastanza ottimistiche. Evidentemente conta che i numeri vengano presi per buoni a Bruxelles, ma il verdetto arriverà a primavera, e non è detto che le cose vadano come vorrebbe. Ciò nonostante, Renzi si rivolge agli italiani come se la flessibilità gli fosse già stata accordata, ignorando il trapattoniano “non dire gatto se non l’hai nel sacco”. Comunque vadano le cose, a mio parere la cattiva notizia è che la riduzione della spesa pubblica continua a essere rinviata, proprio in nome della flessibilità. Per chi è pagatore di tasse, credo ci sia poco di cui rallegrarsi.

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