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Evviva, a new york le donne discriminano e inventano i taxi rosa

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Pink taxidi LEONARDO FACCO

Cosa accadrebbe in Italia se qualche imprenditore nostrano fondasse una linea di taxi chiamata “Macho-man” per trasportare solo orgogliosi eterosessuali, alla cui guida ci fossero solo eterosessuali altrettanto orgogliosi (magari riconoscibili per una t-shirt con sopra scritto “Dalla non è un cantante, ma un’esortazione), su auto smaccatamente griffate in maniera mascolina? Intanto, sappiamo che non riuscirebbe a farlo per il veto della lobby dei tassinari (e delle leggi), ma un secondo dopo l’annuncio della sua impresa si ritroverebbe investito di insulti da parte della “ganga politicamente corretta” nostrana, con i gay che lo denuncerebbero e le femministe che lo sputerebbero. Un manipolo di minus habens seduto in parlamento presenterebbe un’interrogazione urgente al Ministro dell’Interno e qualche suo collega chiederebbe a Napolitano di intervenire. 

A New York, invece, dopo i celeberrimi “yellow cab” e i taxi verdi, arrivano anche i taxi “rosa” (non per il colore dell’auto però). Si tratta di vetture dedicate esclusivamente al pubblico femminile. Nella compagnia, che si chiama “SheTaxi – SheRides”, le guidatrici saranno tutte donne, e accetteranno solo clienti donne. Il New York Times ha scritto che il servizio partirà il “prossimo 16 settembre nella Grande Mela, nella contea di Westchester e a Long Island”. Le richieste per le corse potranno essere inviate tramite un’applicazione del telefonino (tipo Uber insomma). Le conducenti saranno riconoscibili perché al collo indosseranno una pashmina rosa.

Probabilmente, anche in America salterà fuori qualche contestatore idiota. Per ora, invece, non possiamo che plaudire all’iniziativa dell’imprenditore che ha fatto una scelta economicamente rischiosa, considerato che ha deciso di “discriminare” a priori qualcuno, escludendo dal suo business una gran fetta di potenziali clienti. Un gesto, però, che rimette al centro il sacrosanto diritto di scegliere. Sissignori perché discriminare non significa altro che scegliere. Non penso di esagerare nel sostenere che alla base della tranquillità sociale, del quieto vivere e della vera ricerca della felicità ci sia proprio la discriminazione, che è antitetica all’imposizione. Una società in cui venga vietata la possibilità di decidere liberamente (anche sbagliando), come sempre più accade in Italia e in Europa purtroppo, è una società priva della possibilità di scelta, ovvero una società serva (dei politici, dei “filosofi” ed opinionisti del politically correct e dei burocrati): la stessa società – ha scritto qualcuno – immaginata da Platone e poi sviluppata dai marxisti e dai nazisti.

Peraltro, discriminare (ribadisco: scegliere!) non comporta alcuna aggressione nei confronti né della persona né della proprietà altrui. Nel caso specifico dell’imprenditore di taxi newyorkese, nessun ometto può e deve sentirsi offeso, considerato che non solo ha già la possibilità di accedere al servizio utilizzando altri mezzi, ma qualora dovesse funzionare il “She-taxi” potrebbe un domani essere lui stesso un cliente privilegiato di una futura “He-taxi”, ovvero di una vettura per soli gentlemen.

Discriminare (scegliere) non significa altro che “preferire”. E’ assurdo che lo Stato – mosso da un bieco e ipocrita egualitarismo – debba di volta in volta inventarsi una legge per difendere una categoria che considera “debole” o appartenente ad una “minoranza”. Ci penserà il mercato ad offrire i servizi adeguati a tutti. E quando non sarà il mercato sarà la generosità di qualcun altro a farlo. 

In conclusione, è un sacrosanto diritto di ogni individuo quello di preferire Tizio a Caio o Sempronio, in base a criteri e logiche personali, anche a rischio di rimetterci. Proprio come ha fatto colui (o colei) che ha investito i suoi denari nella compagnia di taxi rosa, optando di trasportare solo coloro che appartengono al genere femminile. Una società in cui non è possibile discriminare (preferire) non è una società libera. E uno Stato che imponga un certo tipo di discriminazione piuttosto che un altro – cioè che prenda decisioni a nome nostro – è uno Stato criminale, dittatoriale, schiavista. 

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