“L’incasso del canone Rai supera i 2 miliardi, andando oltre le previsioni. Si tratta di una doppia promessa mantenuta dal Governo Renzi, con l’inserimento in bolletta: pagare meno (e l’anno prossimo ancora meno, da 100 a 90 euro), pagare tutti. E’ stata combattuta l’evasione, niente piĆ¹ spazio ai furbi e per la prima volta ĆØ stata finalmente ridotta la tassa che, secondo le indagini demoscopiche, sarebbe tra le piĆ¹ odiate dagli italiani”. Michele Anzaldi, parlamentare PD di osservanza renziana e segretario della commissione di Vigilanza Rai, commentava cosƬ il dato sullāintroito erariale derivante dal canone Rai per il 2016.
Prima di procedere, ricordo che Anzaldi era tra i firmatari di un emendamento alla legge di bilancio (che alla fine lo stesso governo, forse vergognandosi, ha preferito cadesse nel vuoto) volto a istituire una tassa da far pagare ai proprietari di cani non sterilizzati. Una tassa che, a mio parere, sarebbe stata ancora piĆ¹ odiosa dell’odiosissimo canone Rai. Dunque, secondo Anzaldi dovremmo essere tutti felici e contenti, avendo avuto uno sconto di 10 euro. Quanto alla Rai, āavrĆ ancora di piĆ¹ il dovere di dimostrare con nettezza di saper individuare e tagliare gli sprechi al proprio internoā.
Peccato che capiti di apprendere dal Sole 24Ore che nellāimmancabile decreto Milleproroghe la Rai sarĆ esentata dalle disposizioni delle leggi rivolte ai contenimenti di spesa per le pubbliche amministrazioni comprese nella relativa lista dellāIstat, tra le quali figura la televisione di Stato perchĆ© ottiene mediante finanziamento pubblico oltre il 50% dei ricavi.
Non solo, ma pare che la prevista riduzione del canone da 100 a 90 euro possa portare il bilancio 2017 in rosso di 60 milioni, contro un utile di 7 milioni previsto per il 2016. In pratica, i ricavi sono aumentati, ma questāanno la chiusura ĆØ lievemente positiva, e lāanno prossimo ci sarebbe un bel segno meno. CiĆ² significa che la riduzione di spese o non cāĆØ, o ĆØ del tutto insufficiente.
Nel libro āStatus Quoā, Roberto Perotti ha analizzato i numeri della Rai, facendo un confronto con la BBC, dal quale la TV pubblica italiana ne esce maluccio. La BBC ha entrate totali piĆ¹ che doppie rispetto alla Rai, ma solo il 30 per cento di dipendenti in piĆ¹, con un costo medio unitario che alla BBC ĆØ inferiore di oltre il 20 per cento.
Emblematico il sistema utilizzato per aggirare il tetto di 240mila euro lordi annui agli stipendi. Essendo prevista unāesenzione per le societĆ emettono strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, la Rai ha emesso unāobbligazione (mai fatto in precedenza) quotandola formalmente su un mercato regolamentato, e cosƬ lo stipendio del direttore generale ĆØ tornato a 650.000 euro annui. Lāamministratore delegato della BBC percepisce lāequivalente di 492.000 euro.
Come scrive Perotti, āil confronto internazionale non lasciava dubbi: la Rai ha bisogno prima di tutto di una drastica cura dimagrante. La recente riforma ha fatto lāopposto: ha portato alla Rai centinaia di milioni in piĆ¹ grazie al canone in bolletta. Una mossa inspiegabile, un altro esempio di superficialitĆ nel processo decisionaleā. Se siamo in vena di eufemismi, chiamiamola pure superficialitĆ ā¦