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Inps, le proposte di boeri non risolvono il “problema pensioni”

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boeridi MATTEO CORSINI

“Alcuni correttivi proposti dall’INPS di Tito Boeri avevano un valore di equità: si sarebbe chiesto un contributo a chi ha avuto più di quanto versato. Non mi è sembrato il momento: dobbiamo dare fiducia agli italiani. Se metti le mani sulle pensioni di gente che prende 2.000 euro al mese, non è una manovra che dà serenità e fiducia. Per carità, magari è pure giusto a livello teorico. Ma la linea di questa legge è la fiducia, la fiducia, la fiducia. E, dunque, non si tagliano le pensioni”. Lo ha detto Matteo Renzi. Da quando è presidente dell’INPS, Tito Boeri propone con una certa frequenza correttivi al sistema pensionistico pubblico.

L’ultima proposta, in estrema sintesi, prevede l’introduzione di un reddito minimo di 500 euro al mese per gli over 55 che perdano il lavoro, a patto che abbiano determinati requisiti. Prevede inoltre l’introduzione di flessibilità in uscita, consistente in buona sostanza in una decurtazione della pensione in funzione dell’aspettativa di vita qualora si esca anticipatamente. Infine, punta su un cavallo di battaglia di Boeri, ossia il ricalcolo delle pensioni retributive con il metodo contributivo, onde ridurre gli oneri per l’INPS e la sproporzione finanziaria tra contributi versati e pensione percepita.

Il presidente di Consiglio dice che non gli è sembrato il momento, perché con la Legge di stabilità – che nella versione presentata dal Governo comporta una significativa espansione del deficit rispetto al tendenziale – vuole dare agli italiani “serenità e fiducia”. Il problema di tutti i sistemi di welfare pubblici è che, non essendovi connessione tra pagamenti e prestazioni, tende a crearsi la percezione che si tratti di benefici gratuiti. Ciò ha il non indifferente inconveniente, anche prescindendo da considerazioni etiche, di generare un eccesso di domanda per i servizi di welfare. E non vi è da stupirsi se chi governa è ben lieto di soddisfare tale domanda, dato che i benefici e i beneficiari sono chiari e individuabili (Bastiat direbbe “ciò che si vede”), mentre chi paga il conto è meno chiaro e individuabile (“ciò che non si vede”, o quanto meno si vede poco chiaramente), anche perché spesso il conto sarà salato per chi verrà in futuro.

Resta il fatto che, da un punto di vista etico, non vi è alcuna giustificazione per qualsivoglia sistema di redistribuzione, a meno che si consideri del tutto relativo e comprimibile il diritto di proprietà degli individui. Evidentemente molti ritengono che, effettivamente, il diritto di proprietà sia comprimibile “democraticamente”; il problema è che non è argomentabile in alcun modo logico che ciò sia compatibile con una parità di trattamento degli individui (da parte dello Stato).

Ciò detto, con riferimento al ricalcolo delle pensioni retributive ho già sostenuto in diverse occasioni che ciò andrebbe fatto senza alcun limite minimo. Ma nessun ricalcolo sarà risolutivo fino a quando il sistema sarà a ripartizione, ossia fino a quando a pagare gli assegni pensionistici sarà chi oggi versa i contributi. Questo non ha nulla di diverso rispetto a uno schema Ponzi, che, date le dinamiche demografiche, è comunque destinato a riservare amare sorprese a chi dovrà (dovrebbe) andare in pensione nei prossimi decenni.

Solo il passaggio a un sistema a capitalizzazione può rimuovere il rischio tipico dello schema Ponzi. Meglio ancora sarebbe concedere a ogni individuo la totale libertà (e annessa responsabilità) di pensare come meglio crede al proprio futuro previdenziale.  Ma è chiaro che un passaggio simile, anche restando nell’ambito di un sistema pubblico (soluzione a me non gradita), sarebbe ben difficilmente effettuabile senza ammettere esplicitamente il default del sistema attuale. Per cui si preferisce rimandare il problema, parlando a vanvera di fiducia come fa Renzi. Quello che doveva rottamare i vecchi politici e invece ipoteca il futuro dei giovani.

 

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4 COMMENTS

  1. I pensionati con il sistema retributivo non hanno nessuna colpa. A pagare i conti dovrebbero essere chiamati coloro che, a suo tempo, hanno proposto e quelli che hanno votato la modifica al sistema contributivo. Ma in questo paese s’inteviene sempre sulle conseguenze e mai sulle cause. Costituzione docet.

    • Mi permetta Signor Fumagalli, ma la sua obiezione è solo apparentemente fondata.

      La stragrande maggioranza dei pensionati non ha, come giustamente lascia intendere lei, violato alcuna legge e non avrebbe colpa. Formalmente non c’è nulla da eccepire, però mi lasci riformulare la questione a modo mio e mi dica se, messa giù in questo modo, trova ancora corretto non intervenire sui pensionati a ripartizione. Dunque.

      «Gentile pensionato, riconosciamo che lei non ha violato alcuna legge e anzi l’ha rispettata nei tempi e nei modi previsti dal nostro ordinamento. Lei ha legalmente beneficiato di una legge dello Stato in cui le è stato garantito che, chi non era ancora nato o non aveva ancora raggiunto l’età lavorativa quando lei andò regolarmente in pensione, sarebbe stato obbligato a versare i contributi per pagare ciò che le fu a suo tempo assicurato, e questo anche nel caso dovesse la sua vita, come le auguriamo, durare più di quella di Matusalemme. Nonostante il fatto che è assai semplice verificare la discrepanza tra quanto da lei versato nella sua carriera lavorativa (che a sua volta servì a pagare i pensionati del passato), e quanto le è stato erogato ma, soprattutto, quanto le dovrà essere erogato nella sua, speriamo lunga, esistenza, speriamo converrà con noi che ci risulta difficile e penoso condannare alla catena i giovani che saranno costretti a lavorare per onorare una legge che, mutatis mutandis, non possiamo che ritenere schiavista. Quindi la informiamo che procederemo al taglio delle sue spettanze nella misura che le verrà comunicata a breve dall’INPS».

      Se non si decide di impoverire i pensionati, si vede che si è deciso di impoverire le prossime generazioni. E allora l’ultimo chiuda la porta.

  2. L’articolo è perfetto e personalmente credo che l’unica soluzione sia la chiusura dell’INPs e la restituzione di quanto versato (maggiorato di interessi) a tutti al fine di farsi una pensione privata.
    Con la chiusura dell’Inps cesserebbero i “privilegi”, ognuno avrebbe indietro solo quanto ha effettivamente versato, quindi le babypensioni, le pensioni d’oro, le pensioni statale (che sono in passivo) verrebbero ridimensionate, chi ha versato effettivamente non perderebbe nulla ed anzi avrebbe la garanzia di non essere penalizzato in futuro sia per non tagliare i “privilegi” sia perché chi oggi lavora non avrà tanta gente a versargli la pensione, come accade adesso.
    Con la pensione privata ognuno decide se e quanto versare e quindi con quanto andrà in pensione e a quale età andrà in pensione. Sarebbe interessante studiare il sistema svizzero (visto che la Svizzera è il nostro modello) oppure quello cileno, dove mi pare vi sia stata la privatizzazione.
    Mi interesserebbe sapere quali problematiche vi potranno essere all’indomani dell’indipendenza per le pensioni padane. Mi spiego: la Spagna ha minacciato di non pagare le pensioni catalane in caso di indipendenza, immagino che l’Italia farà lo stesso con la Padania, mi interessa sapere se l’Inps investe in immobili e dove sono situati questi immobili (geograficamente) in poche parole se i soldi per le pensioni provengono esclusivamente dai contributi versati oppure anche da investimenti.

  3. Tutto sbagliato e tutto da rifare.
    Un carrozzone indebitato oltremisura, inefficiente, che chiede i soldi al governo per sostenersi.
    Tireranno a campare prendendo i soldi alla gente per permettersi Inps fino all’inevitabile default patente.

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