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Residui fiscali italiani, lo stato ladro ruba agli uni per dare agli altri

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di ALBERTO LUSIANI 

I residui fiscali delle Regioni italiane sono la differenza tra quanto i residenti pagano in tasse e quanto lo Stato spende in servizi nello stesso territorio. Luca Ricolfi ne “Il sacco del Nord” (2010) ha fatto una stima dei residui cercando di distinguere quanta parte dei residui fiscali misurabili si possono attribuire ad una redistribuzione tra “ricchi” e “poveri” per effetto di tasse progressive sul reddito e spesa pubblica pro-capite uguale indipendentemente dai redditi e dalle tasse versate.

Definizioni e assunzioni di partenza

Per capire i numeri che seguono e’ importante capire definizioni ed ipotesi alla base delle stime. Lo Stato intermedia ricchezza in molti modi diversi. Lo Stato impone tasse, incassa le tasse pagate, persegue l’evasione fiscale, prende soldi a prestito emettendo titoli statali. Lo Stato spende per i suoi dipendenti, per pagare beni e servizi, per trasferire soldi a imprese e residenti in forma di sussidi e pensioni, per pagare gli interessi e per rimborsare i titoli di Stato. Ricolfi circoscrive le sue stime di residui fiscali all’intermediazione statale che considera “discrezionale”, cioe’ le tasse incassate e la spesa pubblica, spesa pubblica escluse le pensioni calcolate in base ai contributi versati. Sono incluse le pensioni “sociali” e quelle di invalidita’ (indipendenti dai contributi) ma sono escluse quelle retributive e contributive. Ricolfi esclude le pensioni perche’ le considera una partita a parte, un contratto di lungo termine tra Stato e contribuenti che determina un impegno statale diverso dalla spesa pubblica discrezionale, perche’ le pensioni pagate sono “dovute” proporzionalmente ai contributi versati, e lo Stato non puo’ modificarle con la stessa discrezionalita’ con cui puo’ decidere di costruire o no un ponte, o incentivare o no la rottamazione delle automobili. Ricolfi non considera nemmeno la parte di intermediazione statale determinata dall’emissione e rimborso dei titoli pubblici, perche’ lo Stato non puo’ scegliere chi acquisisce i titoli pubblici (possono essere anche persone e imprese estere) e non puo’ decidere di favorire una Regione rispetto ad un’altra con questa modalita’ di intermediazione.

Solidarieta’ massima e residui fiscali ingiustificati

A causa delle disparita’ regionali, lo Stato incassera’ un totale di tasse pro-capite diverso nelle varie regioni per due motivi diversi: perche’ i redditi sono diversi e le aliquote sono progressive o proporzionali, e perche’ il tasso di evasione fiscale e’ diverso per Regioni diverse. Sul fronte delle uscite, la spesa pubblica in ogni regione paga beni, servizi e trasferimenti. Ogni Regione pero’ ha un livello diverso nel tradurre la spesa pubblica in reali servizi per i cittadini. Ricolfi fa una stima di questa efficienza confrontando alcuni servizi quantificabili tra Regioni diverse, e assumendo che le prestazioni migliori corrispondano ad efficienza 100%. Secondo Ricolfi, l’intermediazione statale dovrebbe corrispondere a tre condizioni che corrispondono ad operare al livello di solidarieta’ massima giustificata: 1) la spesa pubblica pro-capite e’ la stessa in ogni Regione, 2) il tasso di evasione fiscale e’ lo stesso in ogni Regione, 3) l’inefficienza della spesa pubblica pubblica e’ la stessa in ogni regione. Ogni deviazione da questa situazione di riferimento corrisponde ad uno squilibrio, che se positivo corrisponde ad un debito fiscale e se negativo corrisponde ad un credito fiscale. Quindi, per chiarire, se una Regione ha spesa pubblica pro-capite superiore alla media, ha un debito fiscale, e se una Regione evade di piu’ ha un debito fiscale (paga meno tasse pur ricevendo la stessa spesa pubblica). Inoltre, se una Regione ha una pubblica amministrazione piu’ inefficiente della media, di nuovo ha un debito fiscale. Perche’? Perche’ secondo Ricolfi lo Stato deve in realta’ assicurare gli stessi servizi pubblici in ogni Regione, e dove l’inefficienza pubblica e’ superiore dovrebbero essere aumentate le tasse locali per aumentare la spesa locale fino ad arrivare al livello medio di servizi pubblici erogati. Questi tre “residui” definiti da Ricolfi non corrispondono ai “residui fiscali” che fanno semplicemente il bilancio tra tasse pagate e spesa pubblica erogata. Corrispondono piuttosto a delle stime di “residui ingiustificati” che si sommano ad altri “residui giustificati” dalle tre condizioni del principio di massima solidarieta’ giustificata. Ricolfi chiama: 1) credito/debito/residuo di parsimonia quello associato alla variazione della spesa pubblica regionale rispetto alla media, 2) credito/debito/residuo fiscale quello associato alla variazione di evasione fiscale regionale rispetto alla media, 3) credito/debito/residuo di efficienza quello collegato alla variazione dell’inefficienza della spesa pubblica regionale.

Stima dei residui fiscali

Usando una serie di dati su tasse pagate, spesa pubblica, stime di evasione fiscale, stime di efficienza della spesa pubblica, Ricolfi calcola l’effetto complessivo dell’intermediazione statale tra Regioni per la parte del bilancio pubblico che considera “discrezionale”, definita in precedenza. Risulta che lo Stato trasferisce nel 2006 un totale 83 miliardi di Euro del 2006 tra le Regioni che pagano piu’ di quanto ricevono alle altre. Di questi 83 miliardi, lo Stato italiano fa nel 2006 ben 55 miliardi di Euro di trasferimenti ingiustificati rispetto alle condizioni di massima solidarieta’ giustificata. Nel suo libro, Ricolfi non quantifica mai i residui pro-capite delle Regioni, ma elaborando i suoi dati e’ possibile ottenere i grafici che seguono sui tre residui regionali pro-capite e sulla loro somma.

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