Il Cisp, Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, conduce ormai da anni progetti di cooperazione nei campi profughi in Algeria. Quasi nessuno conosce la storia di questo popolo e del Fronte Polisario, eppure è una storia importante che parla di sopraffazione di uomini su altri uomini. Somiglia un po’ alla storia della Palestina, d’altronde il desiderio di libertà è unico e assoluto, non c’è al mondo uno maggiore e uno minore. La Palestina ha una superficie di 28.000 km quadrati e una popolazione che si aggira intorno ai 6 milioni di abitanti; il Sahara Occidentale ha una superficie di 266.000 km e una popolazione di 513.000 abitanti (tra saharawi e coloni marocchini). Numeri diversi che si compensano e parlano chiaro.

Una storia affondata tra le dune

Il popolo Saharawi è un popolo arabo-berbero presente da millenni nello stesso territorio, il Sahara Occidentale. A fine ‘800 la loro terra fu colonizzata dagli spagnoli che rimasero in Africa fino al 1975 quando, attraverso un accordo tacito e illegale, abbandonarono la colonia in mano ai marocchini. Questi occuparono il Sahara Occidentale in una sola notte durante la quale vennero usate bombe al fosforo e furono ammazzati migliaia di civili. Così, i Saharawi fuggirono in Algeria dove, con l’aiuto dell’Unhcr, l’agenzia Onu dei rifugiati, allestirono dei campi profughi.

Con una risoluzione nel 1961 l’Onu inserì i Saharawi nella lista dei paesi decolonizzati aventi diritto all’autodeterminazione. Cioè, da quel momento i Saharawi potevano decidere cosa fare del loro futuro: se rimanere annessi al Marocco, ottenere l’autonomia oppure l’indipendenza. Tutte parole, nei fatti non cambiò nulla. E questo perché il Sahara Occidentale è una terra ricca di fosfati e la più pescosa di tutto il continente africano. Un luogo, quindi, nel quale si concentrano gli interessi di tutte le potenze più grandi.

La voglia di tornare a casa, però, non è mai andata via e i saharawi hanno sempre lottato per riconquistare la loro terra. Così, dal 1983 al 1987 i marocchini lavorarono alla costruzione di un muro che arginasse la riconquista. Tuttora questo muro, lungo circa 2700 km e circondato da mine antiuomo, separa il Sahara Occidentale dall’Algeria ed è presenziato da vedette marocchine che sparano a vista.

La morte di Abdelaziz e il vento del cambiamento

Il 31 maggio è morto il loro presidente, il Rais. Mohamed Abdelaziz ha lasciato i “figli del Sahara” e chi lo succederà dovrà sicuramente fare i conti con il disagio crescente tra i giovani, con la rabbia e la stanchezza di chi vuole tornare a casa e con il rischio di infiltrazioni terroristiche. Perchè, così come in Palestina, anche qui il rischio di incappare nell’estremismo islamico, per i giovani delusi, è molto alto. Tuttavia, i saharawi sono un baluardo dell’Islam moderno. Nei campi la donna ha pari dignità dell’uomo, anzi, grazie anche ai numerosi progetti delle Ong, viene coinvolta attivamente nella vita sociale dei villaggi e le vengono affidati ruoli importanti. Esiste il divorzio, esiste la libertà di culto e persone appartenenti a diverse generazioni e ceti sociali (anche nei campi profughi esistono i ceti) interagiscono e comunicano efficacemente. La loro storia è un’ennesima prova che erigere muri tra i popoli, evidentemente, non serve a nulla.

TRATTO DA QUI