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Soldi a cani e porci, ecco a voi la famosa “spending review” italiana

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itaglia1di MATTEO CORSINI

“La spending review è un elemento essenziale per rendere la finanza pubblica sostenibile”. Ho preso una delle tante affermazioni del (neo confermato) ministro Padoan in merito alla spending review. Affermazioni che non trovano riscontro nelle leggi di bilancio di anno in anno presentate dal governo.

In quella appena approvata, per esempio, il Sole 24Ore ha contato 120 misure di spesa, alcune delle quali mi sembrano allucinanti. Ovviamente, poi, la spesa non diminuisce affatto.

Tra le voci di spesa per il triennio 2017-2019 è possibile trovare:

1) 100mila euro per escludere dal perimetro della spending review la società Arte lavoro e servizi (Ales);

2) 300mila euro per i servizi stampa degli italiani all’estero;

3) 130 milioni per i forestali calabresi;

4) 800mila euro per le assunzioni a tempo indeterminato presso l’agenzia della coesione;

5) 1 milione al fondo della pesca;

6) 1 milione alle Associazioni combattentistiche;

Questo per citarne solo alcune tra le più allucinanti. Ovviamente, poi, le grosse spese riguardano fondi per investimenti pubblici (1,9 miliardi nel 2017) o per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego (1,45 miliardi). In definitiva, nota il Sole 24Ore, “le maggiori spese del solo articolo 1 ammontano a 10,8 miliardi nel 2017 che salgono fino a 16,2 miliardi nel 2018 e 17,3 miliardi nel 2019”.

Credo di non dover aggiungere alcuna considerazione.

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3 COMMENTS

  1. Spending review è un termine usato dai politici italiani solo per sciacquarsi la bocca.
    Fa fico parlarne, salvo poi far finta di nulla.

  2. Io mi ricordo che fin dall’inizio ovvero dal governo Monti vi sia un equivoco sulla spending review. A tutti noi e mi pare anche all’Unione Europea, così come a molti investitori appare evidente che la spesa pubblica italiana sia eccessiva, vi siano molti sprechi e che debba essere ridotta, la cifra ottenuta dalla riduzione deve essere usata per ridurre la pressione fiscale, anch’essa eccessiva.
    Invece Monti a chiare lettere diceva che la spending review consisteva nello spostare risorse da una voce di bilancio pubblico ad un altra. Le conseguenze sono davanti ai nostri occhi: la pesa pubblica è aumentata, il debito pubblico anche e così la tassazione.
    Renzi si vantava di aver tagliato la spesa pubblica di 25 miliardi e seguendo le orme di Monti aveva prontamente speso altrimenti quei soldi.
    Credo che vista la condizione di campagna elettorale permanente con conseguente necessità per i politici di spendere al fine di comprarsi i voti la riduzione della spesa pubblica sia solo un sogno.
    L’unico modo è fissare per legge (e successivamente nella Costituzione) un tetto massimo di prelievo fiscale e contributivo per i redditi medio-bassi e le piccole-medie imprese contemporaneamente impedire nuova emissione di debito pubblico e bilancio in pareggio. A quel punto se si sono fatti male i conti, se si è speso troppo non si potranno più trattare i cittadini come bancomat ed anzi si dovrà forzatamente ridurre la spesa pubblica a meno di non tassare i ricchi e le grosse aziende (ovvero quelli che hanno la residenza in Svizzera, la sede legale in Olanda, ecc) ovvero quelli che sostengono i partiti proprio per fare i propri comodi….

    • Fissare per legge e nella costituzione un tetto massimo di prelievo, in termini di metodo e di visione filosofica della politica, non si discosta affatto dall’uniformarsi a coloro che, alla stregua di monti, frenzye e altre migliaia di parassiti si sono succeduti non hanno fissato un limite per fini di potere, consenso elettorale, interesse di bottega. Nessun partito e nessun governo mai, potrà cambiare un virgola del corano statalista, su cui si sono recentemente azzuffati gli ovini delle greggi elettorali, belando SI e belando NO, con lo stupefacende risultato di avere un altro cretino al posto del precedente. La democrazia prevede la partecipazione, non ammette affatto la sua dissoluzione o messa in discussione. Pertanto continueremo ad assistere allo sfacelo economico, alla menzogna mediatica permanente, alla dissoluzione degli ultimi brandelli di Libertà. Tutti noi Libertari duri e puri, Libertari dell’ultim’ora, indipendentisti, anarcocapitalisti, e altro ancora della galassia di quanti comunque hanno chiari i nefasti effetti del principio di aggressione statale, siamo responsabili come minimo di non aver fatto abbastanza, di non aver mai pensato una strategia pratica e perseguibile per consentire a coloro che dello stato e dei partiti non hanno bisogno e non vogliono più pertanto finanziarli per legge, di riprendersi la Libertà, l’Autonomia, la possibilità di organizzare delle comunità secondo il principio della non aggressione.

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