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Cipolletta, i servizi pubblici e il tarlo del socialista

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di MATTEO CORSINI

Spesso mi capita di leggere o sentire affermazioni che non condivido. Il fatto che scriva più o meno tutti i giorni commentando tali affermazioni ne è la prova. Ci sono però dei casi nei quali si va oltre la semplice dichiarazione; articoli dei quali non riesco a salvare neanche una parola. Per esempio un pezzo di Innocenzo Cipolletta sul Sole 24 Ore dal titolo “Civiltà e qualità dei servizi”. Cipolletta inizia così:

  • “In che paese ci piacerebbe vivere: dove si pagano poche tasse o dove ci sono buoni servizi di base? La risposta “alla Catalano” sarebbe semplice: in un paese con poche tasse e buoni servizi. Ma questo non è dato, se non in pochi piccoli paesi che spesso sono una sorta di paradiso fiscale e traggono risorse da altre fonti. Comunque, in questi paesi, in generale, i servizi di base non sono gratis, ma costano ai cittadini in modo significativo”.

E’ evidente che Cipolletta dia per scontato che tali “servizi di base” debbano essere forniti dallo Stato, quindi non sia possibile vivere con poche tasse. Peraltro nel prosieguo dell’articolo lui stesso fornisce una argomentazione alla Catalano. Infatti:

  • “Io credo che, posta di fronte a una scelta di questo tipo, la maggioranza dei cittadini, e in particolare quelli che hanno un reddito basso, dovrebbero dire che preferiscono un paese con buoni servizi di base. La qualità della nostra vita dipende da un buon sistema sanitario, che ci consenta di prevenire e curare le nostre malattie, specie in età avanzata. Dipende anche dal grado di istruzione e, quindi, dal sistema scolastico, che ci consente di accrescere il nostro reddito e quello del Paese. Dipende da un buon sistema di trasporti collettivi, nelle città e fra le città. Dipende da un buon sistema previdenziale che non ci lasci in miseria alla fine della nostra vita. Dipende da un sistema di Giustizia rapido ed efficace. Dipende da una capacità di controllo del territorio per dare ad ognuno di noi quella sicurezza che ci serve per vivere a pieno la nostra vita”.

La vita dipende evidentemente da una pluralità di servizi; mi limito a osservare che ogni individuo attribuisce maggiore importanza a taluni di essi, ed è per questo che un sistema di scambi volontari è superiore a uno di scambi almeno in parte coercitivi, ancorché chi ha una mentalità fondamentalmente socialista (tutti i sostenitori più o meno ardenti del welfare state) ritenga che ciò avrebbe come conseguenza inevitabile una vita di stenti per la maggior parte della popolazione. Curiosamente costoro sembrano non dare alcuna importanza all’esperienza empirica dei sistemi socialisti, che in effetti ha costretto a una vita di stenti ampie fasce di popolazione.

Prosegue Cipolletta:

  • “Dirò di più. In un’epoca, come l’attuale, in cui si parla continuamente del problema delle diseguaglianze e delle disparità di reddito e di opportunità, dobbiamo ricordarci che la maggiore redistribuzione del reddito non avviene attraverso il sistema fiscale, ma attraverso la spesa pubblica e, in particolare, i servizi pubblici. Se un italiano di reddito medio dovesse pagarsi, ai prezzi di mercato, la scuola per i suoi figli, la sanità per la famiglia, la pensione per la vecchiaia e i trasporti (tralasciando le spese per Giustizia, sicurezza e altro che non sono divisibili), c’è da essere certi che pagherebbe molto di più di quanto versa in termini di tasse e contributi sociali. Per non parlare dei poveri, per i quali sarebbe impossibile ogni accesso a servizi essenziali che vengono distribuiti dal sistema pubblico. Con tasse basse e servizi di mercato, le diseguaglianze sarebbe catastrofiche e molta parte della popolazione non sopravviverebbe affatto. La qualità dei servizi di base è la sintesi di una buona democrazia”.

Qui emerge il “catalanismo” di Ciplletta. In sostanza, chi ha redditi medio-bassi deve proprio promuovere un sistema nel quale riceve più di quello che paga. Ovviamente si suppone che il conto sia a carico di altri, le cui tasche sono sempre ritenute capienti a sufficienza, e il cui diritto di proprietà si ritiene di poter comprimere a piacere, come se fosse frutto di attività criminali.

Ma il problema principale nell’argomentazione di Cipolletta a me pare consistere nel fatto che è dato per scontato che l’unico insieme di servizi pubblici possibile sia quello attuale e che si possa solo scegliere se fare pagare a ognuno per i servizi ottenuti oppure se socializzare la spesa tramite redistribuzione.

Trent’anni fa con questo modo di ragionare si sarebbe dovuto supporre che non vi potesse essere alternativa (se non a costo di escludere una larga fetta della popolazione) ai servizi di telefonia statali. Ovviamente non era così e la storia lo ha dimostrato. Supporre quindi che il mercato non sarebbe in grado di fornire servizi oggi statali in modo diverso e accessibile a tutti è quanto meno discutibile. Partendo, tra l’altro, da una situazione in cui non tutto è ineccepibile nella fornitura di servizi da parte dello Stato. Ma Cipolletta invita a non essere antistatalisti:

  • “Certo, in Italia ci si lamenta che si pagano troppe tasse e che i servizi di base sono scadenti. In questa situazione, si dice, meglio pagare meno tasse e procurarsi da soli qualche servizio. Ma è proprio così? Se si pagano meno tasse, si finisce per ridurre ulteriormente le risorse per i servizi di base e questi non potranno che peggiorare, sicché questa ricetta non funziona”.

Come no: si paga molto e la qualità non è eccelsa? Invece di mettere in discussione il sistema pubblico si debbono aumentare i denari destinati a finanziare i servizi. Tanto qualcuno a cui far pagare il maggior conto si suppone che ci sia sempre. Il tutto perché…

  • “È vero che le tasse sono elevate nel nostro paese, ma i servizi di base non sono scadenti. La sanità italiana è giudicata positivamente dagli organismi internazionali con riferimento ai servizi medicali, mentre ci giudicano molto carenti in termini organizzativi (tempi di attesa, qualità del ricovero, ecc.), cose che possono essere migliorate facilmente. La scuola italiana ha molti esempi di eccellenza e i nostri studenti non sfigurano affatto quando vanno in altri paesi. Certo, accanto agli istituti scolastici eccellenti, ce ne sono altri molto carenti: ma ciò vuol dire che non è necessario cambiare il sistema scolastico, bensì intervenire sulle carenze e ciò non è impossibile da fare. Quanto al sistema pensionistico italiano, possiamo solo dire che è molto generoso e, quindi, non possiamo lamentarcene”.

In sintesi: basta “intervenire sulle carenze” e il gioco è fatto. A parole una ricetta non nuova. Con risultati quanto meno deludenti finora, però. Con particolare riferimento al sistema pensionistico, potrà non lamentarsene un settantenne come Cipolletta, ma dubito che dai cinquantenni in giù ci sia molto per cui essere allegri. E per chi oggi ha da trent’anni in giù le prospettive della previdenza pubbica sono semplicemente plumbee. Conclude Cipolletta:

  • “In queste condizioni, gli italiani e i partiti politici che intendono rappresentarli non dovrebbero chiedere una indiscriminata riduzione delle tasse, ma dovrebbero chiedere, a gran voce, un forte miglioramento dei servizi, ciò che farebbe dell’Italia un paese civile, al livello degli altri paesi europei”.

Come accennato sopra, Cipolletta dà per scontato che se il fornitore non è lo Stato quei servizi possano essere fruiti solo da pochi. E’ il tipico tarlo socialista che pervade l’Europa, Italia in primis. Se questa è la civiltà…

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1 COMMENT

  1. Supponiamo che chi campa facendo il “mestiere della solidarietà” si convinca a non fare più il suo “mestiere”. Ma la burocrazia “produttrice di tasse” ha creato una rete così diffusa di connivenze e di microinteressi corporativi che una drastica riduzione del perimetro dello Stato provocherebbe la rivolta della maggioranza dei “microassistiti”. E la parola d’ordine è “après moi le dèluge”: i grandi “produttori di tasse” arraffano quel che possono.

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