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Golfo di venezia ed estrazione del gas metano

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E’ notizia di questi giorni che la Croazia, dirimpettaia di Venezia, abbia avviato un programma di estrazione in Adriatico di Gas metano. Tanto verrebbe effettuato in tutto il mare Adriatico, ma anche nel golfo di Venezia.

La notizia è particolarmente allarmante per quanto riguarda l’Alto Adriatico ed il golfo di Venezia. Venezia, la sua laguna, le altre località rivierasche sino a Monfalcone a nord e Ravenna a sud, poggiano su una crosta di agglomerato roccioso –caranto-, posto a pochi metri di profondità, al di sotto del quale strato non si trova più nulla di veramente solido per oltre trecento metri. Tale conformazione si estende sino a quasi la costa Istriana, ove subentra la roccia. In questo strato molle vi è una bolla di gas. Ovvio che lo sfruttamento di tale risorsa faccia gola… ma…

Ma è stato rilevato che la estrazione di metano nella zona di Ravenna ha provocato un abbassamento del suolo di svariati decimetri rispetto al livello del mare, al punto che in certi luoghi la canalizzazione dell’acqua di irrigazione che prima scorreva da nord a sud, dopo la estrazione metanifera, ha cominciato a scorrere da sud a nord. L’abbassamento del suolo si spiega con il fatto che il gas si trova nel sottosuolo in pressione, e tale pressione, che si esercita sullo strato di agglomerato roccioso, contribuisce al suo sostentamento.

Una diminuzione della pressione gassosa provoca un abbassamento della superficie del caranto, con tutto ciò che vi sta sopra. Anche la estrazione dell’acqua, presente nelle falde, provoca abbassamento del terreno, in quanto l’acqua è soggetta alla pressione del gas, e da questo sospinta verso i fori che vengono eseguiti per estrarla.
Quando alla fine del 1700 i veneziani aprirono il primo pozzo artesiano (dal sottosuolo) in campo Santa Agnese, il getto d’acqua e fango che si generò, alto una trentina di metri, andò a danneggiare perfino il tetto della chiesa.

Più di recente, l’apertura del pozzo artesiano posto nella zona industriale di Marghera, per servire al raffreddamento dell’impianto di produzione elettrica, pozzo di circa tre metri di diametro, ha provocato un abbassamento del suolo (compresa Venezia) di circa 25 centimetri, quasi due scalini sulle rive. Ora il pozzo è stato chiuso e sono state proibite aperture di nuovi pozzi artesiani e chiusi i vecchi. Se dunque questa è la situazione esistente, cosa succederà con la estrazione del metano in proporzioni industriali.

Quello a cui assisteremo, non sarà un fenomeno di subsidenza naturale, ma un abbassamento del suolo ed uno sprofondamento della città di Venezia dovuto all’azione dell’uomo, e non già all’innalzamento del livello del mare.  Ne può essere obiettato che si potrà por rimedio iniettando nel sottosuolo acqua, per riempire il vuoto provocato dalla estrazione del metano, in quanto l’acqua, che non è comprimibile come un gas, non può esercitare alcuna pressione verso l’alto. Che nel golfo di Venezia vi fosse un ampio giacimento di gas, è cosa conosciuta da diversi decenni, e che si fosse tentati ad estrarre tale gas altrettanto. Prova ne sia che è stato intrapreso il faraonico lavoro del Mose, proprio per poter sostenere che la futura estrazione del metano non influirà sulle sorti di Venezia.

Infatti, per sconfiggere il fenomeno delle acque alte, causa per altro dovuta agli interventi sul sottosuolo, come sopra indicato, non serviva un intervento di chiuse, ma solo di rallentamento della marea.

Il Mose dunque è stato intrapreso per poter liberamente sfruttare i giacimenti di gas che sicuramente provocheranno un abbassamento di Venezia rispetto al livello del mare. Abbassamento che sarà irreversibile, a cui il Mose, ammesso che funzioni, non potrà sopperire. Vale la pena dunque sacrificare Venezia per procurarsi una fonte di energia che tra breve sarà soppiantata dallo sfruttamento dell’idrogeno, di cui già ora si esperimenta la tecnologia? Se fossimo all’epoca della Serenissima, sicuramente nessuno si azzarderebbe a toccare il sottosuolo, ma poiché siamo sudditi e di noi, delle nostre tradizioni, delle nostre opere d’arte, della nostra cultura, storia e financo vita, nessuno si preoccupa, assisteremo a questo scempio.

Finché sono stato al Senato, e all’epoca, 1994-1996, già si discuteva di questo argomento, sono riuscito a fermare il disastro, ma oggi almeno non avrò il rimorso di non aver preannunciato la catastrofe

Sen. Avv. Giovanni Fabris

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