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Hans H. Hoppe: il libertarismo deve essere populista e secessionista

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di HANS HERMANN HOPPE

Conosciamo il destino dei termini “liberale” e “liberalismo”. È stato apposto a così tante persone e posizioni diverse che ha perso tutto il suo significato ed è diventato un’etichetta vuota e non descrittiva. Lo stesso destino ora minaccia sempre più anche i termini “libertario” e “libertarismo”, adottati per riguadagnare parte della precisione concettuale persa con la scomparsa delle precedenti etichette.

Tuttavia, la storia del libertarismo moderno è ancora piuttosto giovane. Ha avuto inizio nel salotto di Murray Rothbard e ha trovato la sua prima espressione quasi canonica nel suo Per una nuova libertà. Il manifesto libertario, pubblicato nel 1973. E quindi sono ancora fiducioso e non ancora disposto a rinunciare al libertarismo come definito e spiegato da Rothbard con una chiarezza concettuale e una precisione senza eguali, nonostante gli innumerevoli tentativi dei cosiddetti libertari di intorbidire l’acqua e appropriarsi indebitamente del buon nome del libertarismo per qualcosa di completamente diverso.

Il nucleo teorico e inconfutabile della dottrina libertaria è semplice e diretto e l’ho già spiegato ripetutamente in questo luogo. Se non ci fosse scarsità nel mondo, i conflitti umani o più precisamente gli scontri fisici sarebbero impossibili. I conflitti interpersonali sono sempre conflitti relativi a cose scarse. Voglio fare A con una determinata cosa e tu vuoi fare B con la stessa cosa. A causa di tali conflitti – e poiché siamo in grado di comunicare e discutere tra di noi – cerchiamo norme di comportamento allo scopo di evitare questi conflitti. Lo scopo delle norme è evitare i conflitti. Se non volessimo evitare i conflitti, la ricerca di norme di comportamento sarebbe priva di senso. Dovremmo semplicemente combattere e lottare.

In assenza di una perfetta armonia di tutti gli interessi, i conflitti riguardanti le risorse scarse possono essere evitati solo se tutte le risorse scarse vengono assegnate come proprietà privata e esclusiva a determinati individui o gruppi di individui. Solo allora si può agire in modo indipendente, io con le mie cose, tu con le tue cose, senza che tu e io ci scontriamo.

Ma chi possiede una risorsa scarsa come sua proprietà privata e chi no? Innanzitutto ogni persona possiede il suo corpo fisico che solo lui e nessun altro controlla direttamente. In secondo luogo, possiede le risorse scarse che possono essere controllate solo indirettamente (cioè attraverso il nostro corpo, che ci è stato dato dalla natura e di cui non abbiamo dovuto appropriarci): il controllo esclusivo (ovvero la proprietà) è acquisito da e assegnato a quella persona che si è appropriata per prima della risorsa in questione o chi l’ha acquisita tramite uno scambio volontario (senza conflitti) dal suo precedente proprietario. Solo il primo soggetto che si appropria di una risorsa (e tutti i successivi proprietari a lui collegati attraverso una catena di scambi volontari) può acquisire e ottenere il controllo su di essa senza conflitto, cioè pacificamente. Altrimenti, se il controllo esclusivo viene assegnato a quelli che arrivano dopo, il conflitto non è evitato, ma a dispetto delle norme che intendono evitarlo, è reso inevitabile e permanente.

Non ho bisogno di entrare in maggiori dettagli se non aggiungere questo: se si vuole vivere in pace con altre persone ed evitare tutti gli scontri fisici, o nel caso si verifichino scontri cercare di risolverli pacificamente, si deve essere anarchici o più precisamente anarchici della proprietà privata, anarco-capitalisti, o sostenitori di una società di diritto privato.

Di conseguenza, non è un libertario, ma piuttosto un falso libertario, chi afferma e sostiene uno o più dei seguenti argomenti:

  • La necessità di uno Stato, di qualunque Stato;
  • La necessità di una “proprietà pubblica” (ovvero statale) e di imposte per una pacifica convivenza;
  • L’esistenza e la giustificabilità dei cosiddetti “diritti umani” o “diritti civili” diversi dai diritti di proprietà privata, come i “diritti delle donne”, i “diritti degli omosessuali”, i “diritti delle minoranze”, il “diritto di non essere discriminati”, il “diritto all’immigrazione libera e senza restrizioni”, il “diritto a un reddito minimo garantito o all’assistenza sanitaria gratuita”, o il “diritto di essere liberi da parole e pensieri spiacevoli”.

I sostenitori di tutto ciò possono chiamarsi come vogliono e, in quanto libertari, possiamo ben collaborare con loro, nella misura in cui tale cooperazione offre la promessa di avvicinarci al nostro obiettivo finale, ma non sono libertari, sono solo finti libertari.

Ora, è accaduta una cosa buffa negli anni che ci hanno portato fino a questo forum. Rothbard, ed io seguendo le sue orme, non abbiamo mai deviato da queste credenze fondamentali derivate teoricamente. Eppure siamo stati scelti e diffamati non solo dai non-libertari ma addirittura anche dai falsi libertari, cioè dalle persone che sostengono falsamente di essere libertari, e persino da molti libertari onesti ma ottusi, come le loro preferite bestie nere, come incarnazione del male. Rothbard, lo spirito retto del moderno libertarismo, è stato etichettato da questa folla di cosiddetti “antifascisti” come un reazionario, un razzista, un sessista, un autoritario, un elitario, uno xenofobo, un fascista e, in cima a tutto, un nazista ebreo che odia se stesso. E io ho ereditato tutti questi titoli onorifici, oltre a qualche altro (eccetto la cosa ebraica). Qual è quindi la cosa buffa che è successa?

Cercare di sviluppare una risposta a questa domanda mi porta al tema di questo discorso: il rapporto tra libertarismo e destra alternativa o “Alt-right”, che ha guadagnato notorietà nazionale e internazionale dopo che Hillary Clinton, durante l’ultima campagna elettorale presidenziale, l’ha identificata come una delle fonti ispiratrici dietro il “gruppo dei deplorabili” che faceva il tifo per Trump (e la cui leadership, va detto a suo merito, dopo la vittoria elettorale di Trump, ha rapidamente rotto con Trump quando si è rivelato essere solo un altro guerrafondaio presidenziale).

Il movimento Alt-Right è essenzialmente il successore del movimento paleoconservatore che è venuto alla ribalta nei primi anni ‘90, con l’editorialista e scrittore di best-seller Patrick Buchanan, il suo rappresentante più conosciuto. Andò un po’ in letargo verso la fine degli anni ‘90, e di recente, alla luce del crescente danno inflitto all’America e alla sua reputazione dalle successive amministrazioni di Bush I, Clinton, Bush II e Obama, è riemerso più vigoroso di prima con la nuova etichetta di “Alt-Right”. Molte delle stelle associate all’Alt-Right sono apparse qui durante i nostri incontri nel corso degli anni: Paul Gottfried, che per primo ha coniato il termine, Peter Brimelow, Richard Lynn, Jared Taylor, John Derbyshire, Steve Sailer e Richard Spencer. Inoltre, il mio nome e il nome di Sean Gabb sono regolarmente citati in relazione con l’Alt-Right, e il mio lavoro è stato collegato anche al connesso movimento neo-reazionario ispirato a Curtis Yarvin (alias Mencius Moldbug) e al suo ormai defunto blog “Unqualified Reservations”. In breve, tutte queste relazioni e associazioni mi hanno fatto guadagnare diverse menzioni d’onore dalla più famosa lega americana di diffamazione, la SPLC (alias Soviet Poverty Lie Center).

Ora: che dire della relazione tra il libertarismo e la “destra alternativa” e delle mie ragioni per invitare i principali rappresentanti dell’alt-right agli incontri con i libertari?

I libertari sono uniti dalle credenze fondamentali teoriche inconfutabili menzionate all’inizio. Sono chiari sull’obbiettivo che vogliono raggiungere. Ma la dottrina libertaria non ha molte implicazioni riguardanti le seguenti domande: in primo luogo, come mantenere un ordine libertario una volta raggiunto? E in secondo luogo, come ottenere un ordine libertario da un punto di partenza non libertario? Questo secondo punto richiede:

  • a) Di descrivere correttamente questo punto di partenza;
  • b) Di identificare correttamente gli ostacoli posti ai propri fini libertari da questo punto di partenza.

Per rispondere a queste domande, oltre alla teoria, è necessaria anche una certa conoscenza della psicologia umana e della sociologia o almeno un minimo di buon senso. Eppure molti libertari e falsi libertari sono banalmente ignoranti della psicologia umana e della sociologia o addirittura privi di ogni buon senso. Accettano ciecamente, contro ogni evidenza empirica, una visione egualitaria, in bianco e nero della natura umana, di tutte le persone e di tutte le società e culture che sono essenzialmente uguali e intercambiabili.

Mentre gran parte del libertarismo contemporaneo può quindi essere caratterizzato come teoria da parte di teorici senza psicologia e sociologia, molta o addirittura la maggior parte dell’alt-right può essere descritta, al contrario, come psicologia e sociologia senza teoria. Gli Alt-Righters non sono uniti da una teoria comune, e non esiste nulla che assomigli vagamente a un testo canonico che ne definisca il significato. Nonostante ciò, l’Alt-Right è essenzialmente unito nella sua descrizione del mondo contemporaneo, e in particolare degli Stati Uniti e del cosiddetto mondo occidentale, e nell’identificazione e nella diagnosi delle sue patologie sociali.

In effetti, è stato correttamente notato che l’Alt-Right è molto più unito da ciò cui è contro rispetto a ciò cui è a favore. È contro, e anzi odia con passione, le élite che controllano lo Stato, i media ufficiali e il mondo accademico. Perché? Perché tutti promuovono la degenerazione sociale e la patologia. Essi infatti promuovono, e l’Alt-Right si oppone vigorosamente a ciò, l’egualitarismo, l’azione affermativa (ovvero la “non discriminazione”), il multiculturalismo e l’immigrazione di massa “libera” come mezzo per sviluppare il multiculturalismo. Inoltre, l’Alt-Right detesta tutto ciò che sa di Marxismo o Gramscianismo culturale e ogni forma di “politicamente corretto” e, con strategica saggezza, alza le spalle, senza porgere alcuna scusa di sorta, a tutte le accuse di essere razzista, sessista, elitario, suprematista, omofobo, xenofobo ecc. ecc. Inoltre l’Alt-Right se la ride e ritiene irrimediabilmente ingenuo il motto programmatico dei cosiddetti libertari “Studenti per la libertà” (che ho definito “Stupidi per la libertà” e il mio giovane amico tedesco Andre Lichtschlag come “Liberallala-Libertarians” – ovvero “libertari trullallà”) di “Pace, Amore e Libertà”, opportunamente tradotti in tedesco da Lichtschlag come “Friede, Freude, Eierkuchen.”

In netto contrasto con questo, gli Alt-Righters insistono che la vita riguarda anche il conflitto, l’odio, la lotta e il combattimento, non solo tra individui ma anche tra vari gruppi di persone che agiscono di concerto. “Millennial Woes” ​​(Colin Robertson) ha così riassunto bene l’Alt-Right: “L’uguaglianza è una cazzata. La gerarchia è essenziale. Le razze sono diverse. I sessi sono diversi. La morale conta e la degenerazione è reale. Le culture non sono tutte uguali e non siamo obbligati a pensare che lo siano. L’uomo è una creatura caduta e c’è più nella vita che nel vuoto materialismo. Infine, la razza bianca è importante e la civiltà è preziosa. Questo è l’Alt-Right”.

In assenza di una teoria unificante, tuttavia, c’è molto meno accordo nell’Alt-Right sull’obiettivo che alla fine vuole raggiungere. Molti dei suoi leader hanno inclinazioni chiaramente libertarie, in particolare quelli che sono venuti qui (che, ovviamente, è stata la ragione per cui li abbiamo invitati), anche se non lo sono al 100% e non si identificano come tali. Tutti gli Alt-Righters che sono apparsi qui, ad esempio, hanno familiarità con Rothbard e il suo lavoro, mentre il candidato presidenziale più recente del Partito Libertario non aveva mai nemmeno sentito nominare il nome di Rothbard, e tutti loro, al meglio della mia conoscenza, sono stati sostenitori sinceri di Ron Paul durante la sua campagna principale per la nomina del Partito Repubblicano come candidato alla presidenza, mentre molti autoproclamatisi libertari hanno attaccato e cercato di denigrare Ron Paul per il suo presunto (già sapete ora che termine sto per usare) “razzismo”.

Tuttavia, molti dei leader della Destra Alternativa e molti dei loro seguaci hanno anche approvato punti di vista incompatibili con il libertarismo. Come Buchanan prima e Trump ora, sono fermamente convinti di integrare una politica di immigrazione restrittiva, altamente selettiva e discriminante (che è del tutto compatibile con il libertarismo e il suo auspicio di libertà di associazione e di opposizione all’integrazione forzata) con una stridente politica di restrizioni del commercio, protezionismo economico e dazi, che è antitetico al libertarismo e ostile alla prosperità umana. Lasciatemi aggiungere qui che, nonostante i miei dubbi sulla sua “idea economica”, considero ancora Pat Buchanan un grande uomo.

Altri si sono allontanati ancora di più, come Richard Spencer, che per primo ha reso popolare il termine Alt-Right. Nel frattempo, a causa di alcune recenti prodezze pubblicitarie, che gli hanno fatto guadagnare un certo grado di notorietà negli Stati Uniti, Spencer ha rivendicato il grado di massimo leader di un movimento apparentemente potente e unificato (uno sforzo, a proposito, che è stato ridicolizzato da Taki Theodoracopulos, un veterano del movimento paleo-conservatore – poi diventato Alt-Right – e precedente datore di lavoro di Spencer). Quando Spencer è apparso qui, diversi anni fa, esibiva ancora forti inclinazioni libertarie. Sfortunatamente, tuttavia, Spencer è cambiato, e ora denuncia, senza alcuna qualifica di sorta, tutti i libertari e tutto ciò che è libertario e si è spinto fino al punto di tollerare persino il socialismo, purché sia ​​socialismo dei bianchi e solo per i bianchi. Che orribile delusione!

Data la mancanza di qualsiasi fondamento teorico, questa divisione del movimento Alt-Right in fazioni rivali non può essere considerata una sorpresa. Eppure questo fatto non dovrebbe trarre in inganno al punto da respingerlo in toto, perché l’Alt-Right ha tirato fuori molte intuizioni che sono di fondamentale importanza nell’affrontare una risposta alle due domande precedentemente citate alle quali la teoria libertaria non offre una risposta: ovvero su come mantenere un ordine sociale libertario e come arrivare a un tale ordine dallo status quo attuale, decisamente non libertario.

L’Alt-Right non ha scoperto queste intuizioni. Erano radicate da molto prima e in effetti, in gran parte non sono altro che buon senso. Ma negli ultimi tempi tali intuizioni sono state sepolte sotto montagne di propaganda egualitaria e di sinistra e l’Alt-Right deve essere accreditata per averle riportate alla luce. Per illustrare l’importanza di tali intuizioni, consideriamo la prima domanda senza risposta.

Molti libertari ritengono che tutto ciò che è necessario per mantenere un ordine sociale libertario sia la stretta applicazione del principio di non aggressione (NAP). In altri termini, fino a quando ci si astiene dall’aggressività, secondo il loro punto di vista, dovrebbe valere il principio del “vivi e lascia vivere”. Eppure, mentre questo “vivi e lascia vivere” sembra attraente per gli adolescenti in rivolta contro l’autorità dei genitori e tutte le convenzioni e il controllo sociale (e molti giovani sono stati inizialmente attratti dal libertarismo credendo che questo “vivere e lasciar vivere” sia l’essenza del libertarismo ), e anche se il principio è valido e si applica alle persone che vivono lontane e che si occupano l’un l’altro solo indirettamente e da lontano, non regge se si applica, o meglio è insufficiente, quando si tratta di persone che vivono a stretto contatto, come vicini e conviventi della stessa comunità.

Un semplice esempio è sufficiente per chiarire il punto. Prendiamo il nuovo vicino della porta accanto. Questo vicino non aggredisce in alcun modo te o la tua proprietà, ma è un vicino “cattivo”. Sporca la sua proprietà, trasformandola in un mucchio di spazzatura a cielo aperto visibile a tutti, svolge massacri rituali di animali, trasforma la sua casa in un bordello, con clienti che vanno e vengono tutto il giorno e per tutta la notte; non offre mai una mano e non mantiene mai alcuna promessa; non può, o si rifiuta, di parlarti nella tua lingua. Ecc., Ecc. La tua vita è trasformata in un incubo. Eppure non puoi usare la violenza contro di lui, perché non ti ha aggredito. Cosa puoi fare? Puoi evitarlo e ostracizzarlo. Ma al tuo vicino non importa, e in ogni caso il fatto che tu da solo lo “punisca” in questo modo fa poca o nessuna differenza per lui. Devi avere il rispetto e l’autorità di tutta la comunità, o devi rivolgerti a qualcuno che lo abbia, devi persuadere e convincere tutti o almeno la maggior parte dei membri della tua comunità a fare altrettanto e rendere il cattivo vicino un emarginato sociale, in modo da esercitare abbastanza pressione su di lui per far sì che venda la sua proprietà e se ne vada. (Un po’ troppo per i libertari che, oltre al loro “vivi e lascia vivere”, plaudono anche il motto “non rispettare l’autorità!”).

La lezione che se ne trae da questo esempio? La convivenza pacifica dei vicini e delle persone in regolare contatto diretto tra loro su un determinato territorio – un ordine sociale tranquillo e conviviale – richiede anche una comunanza di cultura: di lingua, religione, costume e convenzione. Può esserci coesistenza pacifica di culture diverse su territori distanti, fisicamente separati, ma il multiculturalismo, l’eterogeneità culturale, non possono esistere in un solo e medesimo luogo e territorio, senza che ciò determini una diminuzione della fiducia sociale, un aumento della tensione e, in definitiva, la richiesta di un “uomo forte” e la distruzione di qualcosa che assomiglia a un ordine sociale libertario.

E inoltre: proprio come un ordine libertario deve sempre stare in guardia contro i “cattivi” vicini (anche se non aggressivi) attraverso l’ostracismo sociale, ovvero, una cultura comune del “tu non sei il benvenuto qui”, ancor più vigorosamente deve essere protetto dai vicini che difendono apertamente il comunismo, il socialismo, il sindacalismo o la “democrazia” in qualsiasi forma. Essi, ponendosi in tal modo come un’aperta minaccia a tutta la proprietà e a tutti i proprietari privati, devono non solo essere evitati ma, per usare un meme di Hoppe ormai famoso, devono essere “rimossi fisicamente”, se necessario con la violenza, e costretti a partire per altri pascoli. Non farlo porta inevitabilmente, beh, al comunismo, al socialismo, al sindacalismo o alla “democrazia totalitaria” e, quindi, all’esatto opposto di un ordine sociale libertario.

Con queste idee dell’ “Alt-Right” o, meglio, semplici intuizioni di senso comune, mi rivolgo ora alla domanda più stimolante su come spostare lo status quo da qui a lì. E per questo potrebbe essere istruttivo considerare per prima cosa la risposta data dai libertari trullallà, quelli amore-pace-libertà, o capitalismo-è-amore. Essa rivela lo stesso egualitarismo, anche se in una forma leggermente diversa, di quello esibito dai libertari vivi-e-lascia-vivere. Questi, come ho appena provato a mostrare, definiscono inesistente ciò che potremmo chiamare il “problema del cattivo vicinato”, che è semplicemente una scorciatoia per il problema generale posto dalla coesistenza di nettamente diversi, alieni, reciprocamente inquietanti, fastidiose culture strane o ostili. E in effetti, se si assume, contrariamente a tutte le prove empiriche, che tutte le persone, ovunque, sono essenzialmente uguali, allora, per definizione, non esiste un “problema di cattivo vicinato”.

Lo stesso spirito egalitario, o spirito umanitario, come i libertari trullallà stessi preferiscono chiamarlo, arriva anche nella risposta alla domanda di una strategia libertaria. In poche parole, il loro consiglio è questo: sii gentile e parla con tutti – e poi, a lungo andare, i migliori argomenti libertari vinceranno. Per illustrare, prendi le cinque “Cose da non fare quando parli di libertà” di Jeffrey Tucker, ex-amico-diventato-nemico. Sono: “1) Non essere bellicoso; 2) Non presumere l’odio per la libertà; 3) Non presumere diversi obiettivi; 4) Non presumere l’ignoranza; 5) Non considerare tutti come nemici.

Ora, a parte il fatto che Tucker non sembra seguire il suo stesso consiglio nella sua belligerante condanna dell’intero Alt-Right come fascisti che odiano la libertà, trovo le sue esortazioni davvero stupefacenti.

Possono essere dei buoni consigli nei confronti di persone appena spuntate dal nulla, senza alcuna storia tracciabile, ma nei confronti di persone reali con una storia alle spalle mi sembrano irrimediabilmente ingenui, irrealistici e apertamente controproducenti nella ricerca di fini libertari. Infatti io, e presumo anche tutti gli altri qui presenti, conosciamo e abbiamo incontrato molte persone nella nostra vita che sono ignoranti, che hanno diversi obiettivi non libertari e che odiano la libertà come intesa dai libertari – e perché mai dovremmo non considerare simili persone come sciocchi o nemici? E perché non dovremmo odiare i nostri nemici e non essere bellicosi nei loro confronti? Come strategia libertaria, quindi, il consiglio di Tucker deve essere considerato semplicemente un brutto scherzo. Ma sicuramente è un buon consiglio se si cerca di entrare nello Stato come una sorta di consigliere “libertario”, e questo può ben spiegare l’entusiasmo con cui il libertarismo “umanitario” di Tucker è stato abbracciato dall’intera folla dei libertari trullallà.

Al di fuori delle terre di fantasia egualitarie, tuttavia, nel mondo reale, i libertari devono essere soprattutto realistici e riconoscere fin dall’inizio, come fa l’Alt-Right, l’ineguaglianza non solo degli individui ma anche delle diverse culture come un dato inestirpabile dell’esistenza umana. Dobbiamo inoltre riconoscere che esistono molti nemici della libertà come definiti dal libertarismo e che loro, non noi, sono responsabili degli affari mondani; che in molte parti del mondo contemporaneo il loro controllo sulla popolazione è così completo che le idee di libertà e di un ordine sociale libertario sono praticamente inascoltate o considerate impensabili (eccetto che in alcuni giochetti intellettuali o mentali indolenti di qualche “esotico” individuo); e che è essenzialmente solo in Occidente, nei paesi dell’Europa occidentale e centrale e nelle terre colonizzate dai popoli occidentali, che l’idea di libertà è così profondamente radicata che questi nemici possono ancora essere sfidati apertamente.

E limitando le nostre considerazioni strategiche qui solo all’Occidente, quindi, possiamo identificare, più o meno come l’Alt-Right ha effettivamente fatto, questi attori e agenzie come i nostri principali nemici.

Sono, prima di tutto, le élite dominanti nel controllo dell’apparato statale e in particolare lo “Stato profondo” o la cosiddetta “Cattedrale” dei militari, dei servizi segreti, delle banche centrali e delle corti supreme. Includiamo anche i leader del complesso militare-industriale, cioè di aziende nominalmente private che devono la loro stessa esistenza allo Stato come acquirente esclusivo o dominante dei loro prodotti, e inoltre i leader delle grandi banche commerciali, che devono il loro privilegio di creare denaro e credito dal nulla all’esistenza della banca centrale e al suo ruolo di “prestatore di ultima istanza”. Insieme, quindi, Stato, Big-Business e Big-Banking, formano una potente anche se minuscola “società di mutuo soccorso”, e violentano insieme l’enorme massa di contribuenti vivendo a loro spese.

Il secondo, molto più ampio gruppo di nemici è composto dagli intellettuali, educatori e burocrati dell’educazione, dai più alti livelli accademici fino al livello delle scuole elementari e degli asili. Finanziati quasi esclusivamente, direttamente o indirettamente, dallo Stato, essi, nella loro stragrande maggioranza, sono diventati gli strumenti morbidi e gli esecutori nelle mani dell’élite dirigente e dei suoi progetti per il potere assoluto e il controllo totale. E in terzo luogo ci sono i giornalisti dei media ufficiali, i prodotti docili del sistema di “educazione pubblica” e i destinatari e divulgatori viziosi delle “informazioni” del governo.

Altrettanto importante nello sviluppo di una strategia libertaria è la successiva seguente domanda: chi sono le vittime? La risposta libertaria standard è: i contribuenti, come controparte dei consumatori fiscali. Tuttavia, mentre questo è sostanzialmente corretto, nella migliore delle ipotesi è solo una parte della risposta, e i libertari potrebbero imparare qualcosa in proposito dall’Alt-Right: perché oltre all’aspetto strettamente economico c’è anche un più ampio aspetto culturale che deve essere preso in conto nell’individuare le vittime.

Per espandere e aumentare il loro potere, le élite al potere conducono da molti decenni ciò che Pat Buchanan ha identificato come una “guerra culturale” sistematica, finalizzata a una trasvalutazione di tutti i valori e alla distruzione di tutto ciò che è naturale, o se preferite di tutti i legami sociali e le istituzioni come le famiglie, le comunità, i gruppi etnici e le nazioni legate alle genealogie, in modo da creare una popolazione sempre più atomizzata, la cui unica caratteristica condivisa e legame unificante è la sua comune dipendenza esistenziale dallo Stato.

Il primo passo in questa direzione, compiuto già mezzo secolo o anche più tempo fa, fu l’introduzione del “wellfare” e della “sicurezza sociale”. In tal modo, il sottoproletariato e gli anziani furono trasformati in dipendenti dallo Stato e il valore e l’importanza della famiglia e della comunità sono state di conseguenza diminuite e indebolite.

Più recentemente, sono stati fatti ulteriori passi in questa direzione. Una nuova “vittimologia” è stata proclamata e promossa. Le donne, e in particolare le madri single, i neri, le diverse razze, i latinos, gli omosessuali, le lesbiche, i bisessuali e i transessuali hanno ottenuto lo status di “vittime” e hanno ottenuto i privilegi legali attraverso decreti per la non discriminazione. Inoltre, ultimamente tali privilegi sono stati estesi anche agli immigrati stranieri, sia legali che illegali, nella misura in cui rientrano in una delle categorie sopra menzionate o sono membri di religioni non cristiane come l’Islam, ad esempio.

Il risultato? Non solo il precedente “problema del cattivo vicinato” non è stato evitato o risolto, ma è stato invece promosso e intensificato sistematicamente. L’omogeneità culturale è stata distrutta e la libertà di associazione e la segregazione e separazione fisica volontaria di diverse persone, comunità, culture e tradizioni sono state sostituite da un sistema onnipervasivo di integrazione sociale forzata.

Inoltre, ogni gruppo “vittima” citato è stato contrapposto a tutti gli altri, e tutti sono stati messi in contrapposizione ai bianchi, eterosessuali, maschi cristiani e in particolare a quelli sposati e con figli come l’unico gruppo legalmente non protetto rimasto di presunti “vittimizzatori”. Quindi, come risultato della trasvalutazione di tutti i valori promossi dalle élite al potere, il mondo è stato capovolto.

L’istituzione di una famiglia con padre, madre e figli che ha formato le basi della civiltà occidentale, come la civiltà più libera, più industriosa, geniale e completa conosciuta dall’umanità, cioè la stessa istituzione e le persone che hanno fatto più di buono nella storia umana, è stato ufficialmente stigmatizzato e diffamato come la fonte di tutti i mali sociali e reso il gruppo più pesantemente svantaggiato, persino perseguitato, dalla politica implacabile del divide et impera delle élite nemiche.

Di conseguenza, data la presente costellazione di affari, qualsiasi strategia libertaria promettente deve, come ha riconosciuto l’Alt-Right, in primo luogo essere adattata e indirizzata a questo gruppo di persone più gravemente vittimizzate. Le coppie bianche sposate di cristiani con figli, in particolare se appartengono anche alla classe dei contribuenti (piuttosto che ai consumatori di tasse), e tutti quelli che assomigliano o aspirano maggiormente a questa forma standard di ordine e organizzazione sociale possono essere realisticamente il pubblico più ricettivo del messaggio libertario (mentre ci si dovrebbe aspettare che il minimo supporto provenga dai gruppi legalmente più “protetti” come, per esempio, le singole madri musulmane nere a carico del welfare).

Data questa costellazione di perpetratori-nemici che generano vittime nell’Occidente contemporaneo, posso ora arrivare al compito finale di tentare di delineare una strategia libertaria realistica per il cambiamento. I dettagli dei quali dovranno essere preceduti da due considerazioni generali.

Prima di tutto, dato che la classe di intellettuali, dai vertici del mondo accademico ai giornalisti che modellano le opinioni nei media ufficiali, sono finanziati e saldamente legati al sistema dominante, cioè fanno parte del problema, non ci si dovrebbe aspettare da loro che svolgano un ruolo importante, o addirittura alcun ruolo, nella soluzione del problema. Di conseguenza, la cosiddetta strategia hayekiana per il cambiamento sociale, che prevede la diffusione di idee libertarie corrette partendo dall’alto, con i filosofi principali, e poi passando da lì ai giornalisti e infine alle grandi masse, deve essere considerata fondamentalmente irrealistica. Invece, qualsiasi strategia libertaria realistica per il cambiamento deve essere una strategia populista. I libertari devono cioè cortocircuitare le élite intellettuali dominanti e rivolgersi alle masse direttamente per suscitare la loro indignazione e il loro disprezzo per le élites dominanti.

In secondo luogo, nonostante i principali destinatari di un messaggio libertario populista debbano essere effettivamente i gruppi appena menzionati di bianchi diseredati e deprivati, credo che sia un grave errore strategico rendere il “fattore bianco” il criterio esclusivo su cui basare le proprie decisioni strategiche, come hanno suggerito alcuni elementi dell’Alt-Right. Dopotutto, sono soprattutto gli uomini bianchi a costituire l’élite dominante e sono loro che hanno creato l’attuale problema. A dire la verità, le varie “minoranze” protette menzionate in precedenza sfruttano appieno i privilegi legali loro concessi e sono diventati sempre più incoraggiati a chiedere sempre più “protezione”, ma nessuno di loro e tutti insieme non hanno avuto e non hanno le capacità intellettuali che avrebbero reso possibile questo risultato, se non fosse stato per l’aiuto strumentale che hanno ricevuto e ricevono da uomini bianchi.

Ora, prendendo degli spunti dai movimenti di Buchanan, Paul e Trump, riguardo una strategia populista per il cambiamento libertario, passiamo di seguito in rassegna i vari punti senza alcun ordine specifico tranne il primo, che al momento ha assunto la massima urgenza nella pubblica opinione.

Uno: stop all’immigrazione di massa senza controllo. Le ondate di immigranti che stanno attualmente inondando il mondo occidentale l’hanno appesantito di orde di parassiti del welfare, hanno portato terroristi, aumentato il crimine, hanno portato alla proliferazione di aree ad accesso sconsigliato e hanno provocato innumerevoli “cattivi vicini” che, in base alla loro educazione aliena, cultura e tradizioni, mancano di comprensione e apprezzamento della libertà e sono destinati a diventare insensibili futuri sostenitori dello statalismo del welfare.

Nessuno è contrario all’immigrazione e agli immigrati di per sé! Ma l’immigrazione deve essere solo su invito. Tutti gli immigrati devono essere persone produttive e, quindi, non a carico del welfare. Per garantire ciò, loro o chi li ha invitati devono stabilire un accordo con la comunità in cui devono stabilirsi, che deve prevedere l’eventuale espulsione dell’immigrato che mai dovesse diventare un onere pubblico. Inoltre chi lo ha invitato o il datore di lavoro dovrebbero non solo pagare per il mantenimento o il salario dell’immigrato, ma anche pagare la comunità residenziale per l’ulteriore usura delle sue strutture pubbliche associate alla presenza dell’immigrato, in modo da evitare la socializzazione di tutte le spese sostenute per il suo insediamento. Inoltre, anche prima della sua ammissione, ogni potenziale immigrato invitato deve essere attentamente esaminato e testato non solo per la sua produttività, ma anche per affinità culturale (o “buon vicinato”) – con il risultato empiricamente prevedibile che la maggior parte saranno candidati immigrati occidentali, senza tuttavia che ciò sia una condizione esclusiva. E qualsiasi noto comunista o socialista, di qualsiasi colore, denominazione o paese di origine, deve essere escluso dall’insediamento permanente – a meno che, cioè, la comunità in cui il potenziale immigrato vuole stabilirsi ufficialmente approvi il saccheggio della proprietà dei suoi residenti da parte dei nuovi arrivati stranieri, cosa che non è molto probabile (nemmeno all’interno di comunità comuniste già esistenti).

(Breve messaggio a tutti i libertari trullallà e a favore dell’apertura dei confini, che sicuramente etichetteranno tutto questo, potete indovinarlo, come “fascista”: in un ordine libertario completamente privatizzato non esiste il diritto all’immigrazione libera. La proprietà privata implica confini e il diritto del proprietario di escludere a suo piacimento. Anche la “proprietà pubblica” ha confini: non è di proprietà esclusiva, è di proprietà dei contribuenti nazionali e non è di proprietà degli stranieri, e se è vero che lo Stato è un’organizzazione criminale e che affidare a lui il compito di controllo delle frontiere comporterà inevitabilmente numerose ingiustizie sia per i residenti nazionali che per gli stranieri, è anche vero che lo Stato fa qualcosa anche quando decide di non fare nulla per il controllo di frontiera e che, sotto le circostanze attuali, senza fare nulla a questo riguardo, si arrecheranno sempre più gravi ingiustizie, in particolare alla cittadinanza domestica).

Due: basta attaccare, uccidere e bombardare persone in paesi stranieri. Una causa principale, anche se non è affatto l’unica, dell’attuale invasione dei paesi occidentali da parte di orde di immigrati stranieri, sono le guerre avviate e condotte in Medio Oriente e altrove dalle élite al potere degli Stati Uniti e dai loro burattini occidentali subordinati. Inoltre, gli ormai orribili attacchi terroristici apparentemente “normali” e onnipresenti in nome dell’islam in tutto il mondo occidentale sono in larga misura il “colpo di grazia” di queste guerre e il conseguente caos in tutto il Medio Oriente e l’Africa settentrionale. Non dovrebbero esserci esitazioni a chiamare questi sovrani occidentali come sono: assassini o complici di omicidi di massa. Dobbiamo invece chiedere ad alta voce una politica estera di rigoroso non interventismo. Ritirarci da tutte le organizzazioni internazionali e sovranazionali come l’ONU, la NATO e l’UE che fanno intervenire in modo intricato un paese negli affari interni di un altro. Stop a tutti gli aiuti da governo a governo e proibizione di tutte le vendite di armi a Stati esteri. Lasciamo che sia America First!, Inghilterra First!, Germania First!, Italia First!, e così via, cioè, ogni paese commerci liberamente con gli altri e nessuno interferisca negli affari interni di un altro paese.

Tre: sconfiggere le élite dominanti e le loro guardie del corpo intellettuali. Esporre e diffondere pubblicamente gli stipendi, i vantaggi, le pensioni, le offerte collaterali, i doni e le somme ricevute dalle élite al potere: dai maggiorenti nelle burocrazie governative, nelle corti supreme, nelle banche centrali, nei servizi segreti e nelle agenzie di spionaggio, ai politici, parlamentari, leader di partito, consulenti politici e consulenti, ai capitalisti-criminali, “educatori pubblici”, presidenti universitari, dignitari e “star” accademiche. Accettate il fatto che tutta la loro splendente gloria e lusso è finanziata da denaro estorto ai contribuenti, e di conseguenza è urgente sollecitare la riduzione di tutte le tasse: imposte sul reddito, tasse sulla proprietà, imposte sulle vendite, imposte di successione, ecc. ecc.

Quattro: porre fine alla FED e tutte le banche centrali. La seconda fonte di finanziamento per le élite al potere, oltre ai soldi estorti al pubblico sotto forma di tasse, proviene dalle banche centrali. Le banche centrali possono creare denaro cartaceo dal nulla. Ciò riduce il potere d’acquisto del denaro e distrugge il risparmio delle persone medie. Non è e non può rendere la società nel suo complesso più ricca, ma ridistribuisce reddito e ricchezza all’interno della società. I primi ricevitori del denaro appena creato, cioè le élite dominanti, sono così resi più ricchi e gli ultimi ricevitori, cioè il cittadino medio, sono resi più poveri. La manipolazione dei tassi di interesse da parte della banca centrale è la causa dei cicli di boom-bust. La banca centrale consente l’accumulo di un “debito pubblico” sempre maggiore, che viene spostato come un peso su futuri contribuenti sconosciuti, o viene semplicemente gonfiato. E come facilitatore del debito pubblico, le banche centrali sono anche i facilitatori delle guerre. Questa mostruosità deve finire e essere sostituita da un sistema di banche libere e competitive, costruito sulla base di un denaro genuino come l’oro o l’argento.

Cinque: Abolire tutte le leggi e i regolamenti di “azione affermativa” e “non discriminazione”. Tutti questi editti sono palesi violazioni del principio di uguaglianza davanti alla legge che, almeno in Occidente, è intuitivamente percepito e riconosciuto come un principio fondamentale di giustizia. Come proprietari di beni privati, le persone devono essere libere di associarsi o dissociarsi con/da altri: includere o escludere, integrare o segregare, unire o separare, unificare e incorporare o disunire, uscire e separarsi. Chiudete tutti i dipartimenti universitari per neri, latino-americani, femminili, di genere, queer-studies, ecc., in quanto incompatibili con la scienza e respingete tali educatori come impostori intellettuali o furfanti. Inoltre, chiediamo che tutti i commissari delle azioni affermative, i funzionari delle diversità e delle risorse umane, dalle università fino alle scuole e agli asili, vengano buttati in strada e costretti a imparare un’attività commerciale utile.

Sei: schiacciare il cosiddetto movimento “antifascista”. La trasvalutazione di tutti i valori in tutto l’Occidente, l’invenzione di sempre più “gruppi di vittime”, la diffusione di programmi di “azione affermativa” e la promozione incessante del politicamente corretto, ha portato alla nascita di un movimento “antifascista”. Sostenuto tacitamente e finanziato indirettamente dalle élite al potere, questa folla auto-dichiaratasi di “guerrieri della giustizia sociale” si è assunta il compito di intensificare la lotta contro il “privilegio bianco” attraverso deliberati atti di terrore diretti contro chiunque e qualsiasi cosa ritenuta “razzista, “di Destra”, “fascista”, “reazionaria”, “incorreggibile”o “non ricostruita”.

Tali “nemici del progresso” vengono fisicamente aggrediti dalla folla “antifascista”, le loro auto sono bruciate, le loro proprietà vandalizzate e i loro datori di lavoro hanno minacciato di licenziarli e di rovinare le loro carriere – tutto mentre la polizia riceve l’ordine dai poteri forti di “volare basso” e di non indagare sui crimini commessi o perseguire e punire i criminali. In vista di questa indignazione, la rabbia pubblica deve essere risvegliata e ci deve essere un clamore, in lungo e in largo, perché la polizia si scateni e questa folla venga sconfitta.

(Domanda per i libertari trullallà e per gli stupidi per la libertà, coloro che sicuramente si opporranno a questa richiesta sulla base del fatto che la polizia che dovrà schiacciare la folla “antifascista” è una polizia di stato: vi opporreste anche, per gli stessi motivi, al fatto che la polizia arresti assassini o stupratori? Non sono questi compiti legittimi eseguiti anche in qualsiasi ordine libertario da parte della polizia privata? E se la polizia non deve fare nulla per questo movimento, non va bene allora che il bersaglio dei suoi attacchi, la “destra razzista”, si debba assumere l’onere di dare una lezione a questi “guerrieri della giustizia sociale”?).

Sette: schiacciare i criminali di strada e le bande. Nel dispensare il principio dell’uguaglianza davanti alla legge e assegnando tutti i tipi di privilegi di gruppo (eccetto all’unico gruppo di cristiani bianchi sposati e alle loro famiglie) le élite dominanti hanno anche rinunciato al principio di una punizione uguale per un crimine uguale. Alcuni gruppi favorevoli allo stato ricevono una punizione più clemente per lo stesso crimine di altri, e alcuni gruppi particolarmente favoriti sono semplicemente lasciati liberi di scatenarsi e rimanere praticamente impuniti, favorendo così in pratica e in modo efficace la criminalità. Allo stesso modo, è stato consentito lo sviluppo di aree vietate dove qualsiasi tentativo di applicazione della legge è praticamente cessato e laddove violenti teppisti e bande di strada hanno preso il sopravvento.

Alla luce di ciò, si deve provocare l’irritazione pubblica e si deve inequivocabilmente richiedere che la polizia sistemi in modo rapido e duro qualsiasi ladro, rapinatore, stupratore e assassino e spietatamente ripulisca tutte le attuali aree ad accesso sconsigliato dalle gang violente.  Inutile dire che questa politica dovrebbe essere diretta a tutti indifferenziatamente, ma se dovesse capitare, come in pratica spesso accade, che la maggior parte dei criminali di strada o membri di una banda sono giovani maschi neri o latini o, in Europa, giovani maschi immigrati dall’Africa, dal Medio Oriente, dai Balcani o dall’Europa dell’Est, allora così sia e tale esemplare umano dovrebbe essere quello che più prominentemente viene colpito. E inutile dire anche che per difendersi dai reati, sia che si tratti di un normale crimine di strada o di atti di terrorismo, tutti i divieti contro la proprietà delle armi da parte di cittadini onesti dovrebbero essere aboliti.

Otto: sbarazzarsi di tutti i parassiti e i barboni del welfare. Per consolidare la propria posizione, la classe dominante ha trasformato le classi meno abbienti in dipendenti dal sussidio di disoccupazione e ne ha fatto una fonte più affidabile di sostegno pubblico. Nonostante la presunzione di aiutare le persone a salire la scala sociale dalle classi inferiori e a diventare attori autosufficienti, l’effetto reale – e realmente voluto – della cosiddetta “politica sociale” dello Stato è l’esatto opposto. Ha reso lo status di classe inferiore di una persona più permanente e ha fatto crescere costantemente in dimensione le classi inferiori (e con questo anche il numero di assistenti sociali e terapisti finanziati dalle tasse assegnati a “aiutarle e assisterle”). Perché, in conformità con l’inesorabile legge economica, ogni sovvenzione concessa a causa di una presunta necessità o carenza produce di più, non di meno, il problema che dovrebbe alleviare o eliminare. Quindi, le cause principale dello status di sottoclasse di una persona, come il suo basso controllo degli impulsi e la sua alta preferenza temporale, cioè il suo desiderio incontrollato di gratificazione immediata e le varie manifestazioni di questa causa, come disoccupazione, povertà, alcolismo, abuso di droga, violenza domestica, divorzio, famiglie senza padri, nascite fuori dal matrimonio, abuso di minori, negligenza e microcriminalità, permangono e non sono alleviati o eliminati ma sistematicamente rafforzati e promossi.

Invece di continuare ed espandere questo disastro sociale sempre più sgradevole, allora, bisognerebbe abolirlo chiedendo a gran voce che si prenda in considerazione l’esortazione biblica che colui che può ma non lavora, nemmeno mangia; e che colui che veramente non può lavorare, a causa di gravi carenze mentali o fisiche, deve essere curato dalla famiglia, dalla comunità e dalla carità volontaria.

Nove: allontanare lo stato dall’istruzione. La maggior parte, se non tutte, le patologie sociali che affliggono l’Occidente contemporaneo hanno la loro radice comune nell’istituzione della “educazione pubblica”. Quando i primi passi furono compiuti, più di due secoli fa, in Prussia, per integrare e infine sostituire un sistema educativo completamente privato con un sistema universale di “educazione pubblica” obbligatoria, il tempo trascorso nelle scuole gestite dallo stato nella maggior parte dei casi non superava i quattro anni. Oggi, in tutto il mondo occidentale, il tempo trascorso in istituzioni di “educazione pubblica” è, come minimo, di circa dieci anni, e in molti casi, e sempre di più, venti o anche trenta anni. Cioè, una grande o addirittura la più grande parte del tempo durante il periodo più formativo nella vita di una persona viene speso in istituzioni finanziate dallo stato e sotto la supervisione dello Stato, il cui scopo primario fin dall’inizio non era quello di elevare culturalmente cittadini, ma addestrare “buoni soldati” e “buoni funzionari pubblici:” non indipendenti e maturi o “mündige Bürger”, ma subordinati e servili “Staats-Bürger”.

Il risultato? L’indottrinamento ha funzionato: più lungo è il tempo che una persona ha speso nel sistema dell’istruzione pubblica, più si impegna in idee egualitarie di sinistra e ha inghiottito e interiorizzato con tutto il cuore la dottrina ufficiale e l’ordine del “politicamente corretto”. In particolare tra i docenti e i professori di scienze sociali, le persone che non si considerano parte della sinistra hanno praticamente cessato di esistere. Di conseguenza, si deve esigere che il controllo delle scuole e delle università si allontani dallo Stato centrale e, in una prima fase, sia restituito alle autorità regionali o meglio ancora locali e finanziate localmente, e alla fine sia completamente privatizzato, in modo da sostituire un sistema conformista teso all’uniformità obbligatoria con un sistema di educazione decentralizzato che riflette la variazione naturale, la molteplicità e la diversità dei talenti e degli interessi umani.

Dieci: non fidarsi della politica o dei partiti politici. Proprio come non ci si può aspettare che l’accademia e il mondo accademico svolgano un ruolo significativo in una strategia libertaria per il cambiamento sociale, lo stesso vale con la politica ed i partiti politici – dopo tutto, è il fine ultimo del libertarismo porre fine a tutta la politica, e sottoporre tutti i rapporti e i conflitti interpersonali a procedure di diritto privato e di diritto civile. A dire la verità, nelle attuali condizioni di politicizzazione pervasiva, un coinvolgimento nella politica e nella politica di partito non può essere completamente evitato.

Tuttavia, in ogni tipo di coinvolgimento, bisogna essere consapevoli e difendersi dall’influenza corruttrice del potere e dal richiamo del denaro e dei benefici che ne derivano. E per minimizzare questo rischio e questa tentazione, è consigliabile concentrare i propri sforzi a livello regionale e locale piuttosto che nazionale, e promuovere un programma radicale di decentralizzazione: nullificazione e separazione pacifica, segregazione e secessione. Soprattutto, infine, dobbiamo prestare attenzione al motto della vita di Ludwig von Mises: non cedere al male, ma procedere sempre più audacemente contro di esso (Tu ne cede malis, sed contra audentior ito, ndt). Cioè, dobbiamo parlare sempre e ovunque, sia in riunioni formali che informali, contro chiunque ci affronti non solo con le ormai fin troppo familiari sciocchezze del “politicamente corretto” o le criminali affermazioni sinistro-egalitarie, e senza errore affermare: “No, maledizione, no. Tu stai scherzando!”.

Nel frattempo, dato il controllo mentale quasi completo esercitato dalle élite al potere, dal mondo accademico e dai media ufficiali, ciò richiede già una buona dose di coraggio per farlo. Ma se non siamo abbastanza coraggiosi da farlo ora e quindi daremo un esempio per gli altri, le cose diventeranno in futuro sempre peggiori e più pericolose, e noi, la civiltà occidentale e le idee occidentali di libertà e la libertà stessa saranno spazzati via e svaniranno.

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(Discorso tenuto alla dodicesima riunione annuale della Property and Freedom Society a Bodrum, in Turchia, il 17 settembre 2017, traduzione di Aurelio Mustacciuoli)

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6 COMMENTS

  1. Una lucida e cruda analisi sull’imbarbarimento della cultura occidentale, sui colpevoli ai massimi livelli e sull’ampia rete di interessati complici. La verità che ne vien fuori è ovviamente rivoluzionaria agli occhi di quanti vivono come animali in cattività, assuefatti alla prigionia dello Stato.Mi ritorna in mente l’opposto opportunistico commento del segretario PCI della scena finale del film “Cadaveri eccellenti”: “La verità non è sempre rivoluzionaria!”

  2. Una lucida e cruda analisi sull’imbarbarimento della cultura occidentale, sui colpevoli ai massimi livelli e sull’ampia rete di interessati complici. La verità che ne vien fuori è ovviamente rivoluzionaria agli occhi di quanti vivono come animali in cattività, assuefatti alla prigionia dello Stato.Mi ritorna in mente l’opposto opportunistico commento del segretario PCI della scena finale del film “Cadaveri eccellenti”: “La verità non è sempre rivoluzionaria”

  3. Concordo con Fidenato, e’ un monumentale discorso di Hoppe.
    Il suo maestro Rothbard ha formato un fantastico Hoppe!!!
    complimenti al MIGLIOVERDE a pubblicare questi articoli.

  4. Monumentale discorso di H.H.H.. Lo stimo sempre di più. E’ vero quello che dice: siamo circondati da libertari trullalà ed è necessario capirlo subito!!! Bravo e ancora bravo.

    Grazie Leo per questo tuo sforzo di divulgazione!!!

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