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Quanta libertà mi concedi per 5 minuti della tua vita?

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di MATTEO CASADEI

Analizzare dei dati vuol dire avere la capacità di osservare un problema cercando di tenere conto di diverse e probabilmente quasi infinite prospettive. In questo contesto è fondamentale raggruppare un insieme di competenze necessarie ad affrontare una tematica delicata come questa. Oltre ad essere in grado di narrare i numeri e necessario, ma non sufficiente, avere una buona sensibilità per capire come questi si vadano poi a relazionare con le faccende umane senza che si pretenda che da queste ultime possano venire sovvertiti.

Premetto che quelle che andrò a scrivere sono delle speculazioni e come tali devono essere considerate. Voglio introdurre una serie di riflessioni basandomi su dati numerici ufficiali, quelli che per intenderci piacciono tanto per poter accusare qualcuno di qualche “ismo”. Per fare alcuni ragionamenti, le cui conclusioni non starà a me trarre, vi indicherò solo alcuni sentieri poco battuti.

Aspetto numero uno ad oggi 21/03/2021 l’età media dei morti * è di 81 anni l’aspettativa media di vita in Italia è di circa 83,25 anni. Si è stimato che siano morte nel 2020 circa 100.000 persone in più della media degli anni precedenti. Potremmo considerare quindi 100.000 vite sottratte in anticipo all’affetto dei propri cari. Un conto che non ho sentito fare a nessuno e che invece a me pare particolarmente sensato  è il seguente: ammettendo che queste morti in più siano tutte dovute al * quanto tempo vitale è stato complessivamente sottratto ai cittadini italiani? Vi accelero il conteggio, convertita in mesi l’aspettativa di vita media è pari a 999 mentre l’aspettativa media dei morti “da *”, i nostri famosi 100.000, è di soli 972 mesi. Ogni decesso ha mediamente sottratto 27 mesi di vita che moltiplicato per il numero dei morti ci restituisce un bel 2.700.000 mesi in meno di vita relativi al 2020. Qualcuno potrebbe avere già notato che anche in mesi la quantità totale di tempo tra morti e morti di * non è così elevata. Se parlassimo di persone sane quindi con aspettativa di vita di 999 mesi i 2.700.000 mesi di vita persi corrisponderebbero solamente a 2702 vite piene numero decisamente meno significativo dei 100.000 di cui dobbiamo tenere conto.

Vi spingo oltre nella riflessione, se questa malattia avesse impattato su tutti i cittadini Italiani quindi ci fossimo, in maniera estremamente solidale, ripartiti i 2.700.000 mesi sapete quanto prima sarebbe morto ciascuno di noi rispetto ad esempio al 2019? Ve lo dico rapidamente, poco più di 32 ore. La domanda che ora posso porvi è la seguente, sapendo che il vostro destino si accorcia di questa unità di tempo davvero stravolgereste completamente il modo di vivere, per anni, per guadagnare un giorno? Ora potreste dirmi di sì solo per dispetto ma credo che sarebbero molto pochi ad essere interessati a fare rinunce estenuanti per un guadagno così marginale. Una volta appurato il relativismo quantitativo diventa allora complicato capire quando sia possibile mettere un freno alla libertà e alla socialità in cambio di poco più e quanto sia giusto o ingiusto che altri lo decidano per noi.

Con le misure contenitive attualmente introdotte raggiungeremo anche velocemente i 27 mesi di reclusione che a quel punto diventeranno una prassi totalmente irrazionale, come lo sarebbe quella di un criminale che per evitare un mese di carcere si chiudesse in casa per 10 anni. Attenzione, a qualcuno potrebbe venire in mente un’obiezione, ovvero che 27 mesi sono tanti mentre il giorno solo che io ho proposto è un’opzione irrealistica perché nessuna malattia ad oggi è diffusa così capillarmente e non si può ripartire volontariamente il danno, ma quella era semplicemente una forzatura per meglio evidenziare la questione, a tal proposito ricordo che negli anni scorsi abbiamo avuto più volte  eccessi di decessi rispetto alla media, quindi i mesi di vita persi non sono una novità purtuttavia non si è mai architettata questa serie di accorgimenti o qualcosa di simile, la domanda è quanti mesi di differenza fanno scattare queste contromisure? Chi decide quale sia il limite? 27, 25, 15? Nel tentativo di darvi una risposta è più facile che cadiate in sempliciste contraddizioni o in scelte del tutto soggettive e quindi arbitrarie.

Questa prima riflessione non è nemmeno la più eminente, il mettere in discussione alcuni parametri dal punto di vista quantitativo lascia insorgere anche dei dubbi dal punto di vista qualitativo, si potrebbe osservare che a prescindere dal numero di mesi persi “una vita è pur sempre una vita” e il numero dei morti non deve essere contestato. Su questa aspetto avrei qualcosa da aggiungere e mi farò aiutare nel caso specifico da un genio. Chi si occupa di questioni morali o filosofiche adora la partecipazione di figure misteriose che aiutano nella costruzione di alcuni paradossi e forniscono la possibilità di riuscire ad analizzare alcune dinamiche da punti di vista spesso trascurati. Come si fece aiutare Descartes dal genio maligno, inizialmente, per mettere in discussione i principi matematici e come la partecipazione di un’entità aiutò Robert Nozick nelle sue speculazioni sul paradosso di Newcomb, anch’io voglio farmi aiutare da qualche soggetto pensato come soprannaturale.

Poniamo la situazione che io sia di fronte ad un bar e che questo sia affollato di gente, fra i presenti una donna incinta quindi con la partecipazione di un futuro nato e un signore di mezza età leggermente in sovrappeso. Da un luogo di vostro gradimento nel futuro arriva un’entità che mi dice che se ucciderò una delle persone sedute al bar entro le 16:30 mi darà una cifra in denaro tale da permettermi di poter vivere serenamente il resto della mia vita senza che debba pagarne alcuna conseguenza, la morta del prescelto avverrà dolcemente e mi basterà indicarlo o indicarla con un dito, non verrò mai scoperto e nemmeno accusato di nulla in quanto l’entità tornerà nel futuro e io dovrò vedermela solo con la mia coscienza. Mi viene concesso un desiderio prima di decidere. In questo frangente so che fra le persone ci sarebbe una bella spaccatura tra chi vorrebbe uccidere e godersi la vita e chi non lo farebbe perché troverebbe intollerabile convivere con la propria coscienza. Qualcuno magari sceglierebbe di uccidere il bambino che in fondo non è ancora nato e altri opterebbero per il signore, la madre o qualcun altro per le più disparate ragioni ma a me questo interessa relativamente poco. La storia ci serve per poter discutere il tema iniziale, se il concetto che “ogni vita valga una vita” sia valido e affidabile. In supporto alla narrazione vi posso dire che il protagonista della storia utilizza saggiamente il desiderio, si lascia condurre nel futuro per verificare lo sviluppo  delle vite delle persone sedute al bar. Per semplificare le più furono irrilevanti, il bambino non avrà una vita particolare ma vivrà oltre 90 anni e così pure la madre, la cosa interessante per il nostro protagonista fu scoprire che il signore invece sarebbe morto alle 16:35 di quel giorno colpito da un infarto dopo aver sofferto diversi minuti fra tremendi dolori.

Facciamo tornare il nostro personaggio davanti al bar e adesso provate nuovamente a riflettere, qualcuno di voi sarà comunque dell’idea di non uccidere nessuno, ma questa opzione sarà evocata più per spirito di opposizione che per reale convinzione, sappiate che mentire a voi stessi non è affatto salutare. Con questa evoluzione della storia sarebbero drasticamente meno le persone non disposte alle 16:30 a puntare il dito verso il signore, condannandolo a 5 minuti di vita in meno di cui almeno 3 da passare fra atroci sofferenze. Sostenere ancora che ogni vita è uguale diventa molto più complesso e definire chi possa limitarla o in quali casi valga di più una rispetto ad un’altra è operazione piuttosto arrogante. Se entrassimo nel merito di quanti giorni di anticipo sulla morte valgono un mese di reclusione penso non ne verremmo mai capo. Nel caso in cui aveste ancora dubbi provate la versione meno romantica della storia quello dove la scelta è obbligata, qualcuno deve morire voi potete solo scegliere chi. Pensate davvero che se facessimo questo sondaggio scopriremmo equilibrio nelle risposte?

In questi due primi ragionamenti ho illustrato quanto sia ingiustificato ed ingiustificabile l’attività di contrasto al * e questo senza mettere in discussione in nessun punto i dati, ma ragionando su di essi, o l’esistenza dello stesso perché è materia che non mi compete e non troverete questi temi nemmeno nell’argomento conclusivo.

In quest’ultima parte voglio discutere dell’aspetto troppo umano dei dati, che sono stati considerati prevalentemente nel modo in cui facevano comodo alla narrazione principale finendo con l’attribuire proprietà culturali a fenomeni naturali che rischiano pertanto di essere travisati, mi spiego meglio, si è sempre discusso del * con riferimento al 2020, come se ci fosse stato un interruttore ad inizio e fine anno e molti conteggi si riferiscono all’anno che è un’unità di misura ibrida, legata a fenomeni naturali ma con elementi culturali.

La suddivisione dei mesi, la durata dei giorni (24 ore perché non 50) è decisa dall’uomo. Per quale motivo metto questo in evidenza, perché qui azzardo la speculazione più forte. Vedere l’impatto della mortalità in ottica annuale è stato deciso a tavolino, siamo sicuri che se osservassimo invece il fenomeno ad una distanza maggiore vedremmo la stessa cosa?

Vi ripoterò anche qui un esempio paradossale, decido di acquistare una casa chiedo quanto sia sicura la zona essendoci nei dintorni diverse strade trafficate, sapendo che la media nazionale è di 5 morti all’anno per quartiere. Il mese precedente, sfortunatamente, un autobus ha avuto un incidente e ci sono state 20 vittime, nei nove anni precedenti le vittime sono state solitamente 2 in quella zona. Studiando i dati relativi solo quell’anno mi sembrerà che la situazione viaria sia disastrosa, se guardassi invece un decennio otterrei come dato che quella zona ha una mortalità leggermente sotto la media e sarei molto più tranquillo.

A cosa mi serve questo esempio, a suggerire, anche se non è ancora possibile, un’analisi più vasta di quello che le comodità dell’uomo suggeriscono ovvero di non considerare gli eventi nelle unità di misura che ci sono familiari perché gli standard semplificano la vita, ci sono fenomeni che pretendono di avere una temporalità adeguata alla loro essenza. Riprendendo in esame quanto scritto inizialmente, ciò che attualmente sembra è che la differenza di aspettativa di vita tra l’italiano generico e il morto da * sia di 27 mesi, in realtà è molto inferiore perché mentre nel gruppo di italiani sono comprese persone sane fra le quali tanti di quelli che superano la media nazionale nel gruppo dei centomila sono presenti oltre il 95% di persone con altre patologie e un buon 85% che ne aveva 2-3 o più pertanto l’aspettativa di vita media dell’italiano di 83,5 andrebbe ponderata inserendo come pesi la comorbilità, questo porterebbe una decisa diminuzione dei 27 mesi e quindi il limite fra lo stravolgere e il non stravolgere il mondo dove lo collochiamo? Non lo si può collocare ex post, troppo comodo, se siete sicuri dei vostri giudizi li dovete esprimere prima che si verifichi il fatto scommettere su eventi già avvenuti non richiede particolari abilità.

È inoltre pensabile che si possa verificare un effetto rimbalzo nei prossimi anni? Non è da escludere che essendo decedute, in larga parte per non dire nella quasi totalità dei casi, persone che avrebbero incontrato il proprio fine vita entro un tempo considerevolmente ridotto, di fatto lasciando presenti persone che hanno aspettativa maggiore degli 83,25 previsti, non mi stupirebbe il caso che nei prossimi anni assistessimo ad un numero di decessi leggermente inferiore alle medie degli anni precedenti vogliamo ipotizzare (ma qui siamo nella più totale balia dell’arte divinatoria) 625.000 morti invece degli ormai abituali 650.000? Non focalizzatevi sul dato numerico ma sul ragionamento, questo cosa comporterebbe in un analisi di andamento dei decessi su base quinquennale? Rischieremmo la quasi totale sparizione del fenomeno per riassorbimento. Andando a concludere riprendo l’esempio dell’incidente dell’autobus, osservando i dati degli incidenti di quel mese fuggire terrorizzato, sarebbe una scelta saggia?

Probabilmente no, osservando i dati in maniera più ampia sarei molto più tranquillo, ma non riporterei indietro le vittime e tantomeno risolverei i problemi di viabilità rischiando di perdermi un fatto increscioso che in fin dei conti è avvenuto e per il quale la cattiva gestione della manutenzione stradale e dei soccorsi hanno contribuito ad amplificare il numero delle vittime. La stessa considerazione, a mio parere, si deve fare con la situazione attuale, essere terrorizzati con questi numeri è semplicemente indice della difficoltà che il paese ha con la matematica, osservarla da troppo lontano rischiando di perdersi quel che è successo sarebbe di nuovo un errore, ci vuole razionalità e serenità soprattutto per andare a capire cosa non ha funzionato perché il sospetto che l’inadeguatezza delle figure di vertice e impatto iatrogeno di alcune scelte è presente e vivo nella mente di molti e in parte giustificato dal fatto che sia voluto antropomorfizzare un *, che di volontà propria non ne ha. Le morti non sono state omogenee né nello spazio né nel tempo, cosa che senza la presenza di altri fattori non è spiegabile e se altri fattori sono stati presenti dobbiamo sapere quanto sono stati rilevanti e se sono umani devono assumersi le responsabilità del caso.

*Non cito malattie perché la pubblicità non è gratis e questo argomento ne ha già beneficiato troppo.

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