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Serbia e kosovo, altri dialoghi per una riappacificazione difficile

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di REDAZIONE

L’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell è andato in visita a Belgrado, lo scorso 31 gennaio, per colloqui con la dirigenza serba centrati sulle prospettive di ripresa del dialogo con Pristina, interrotto da oltre un anno.

Solo il giorno precedente, il capo della diplomazia europea, che è alla sua prima missione nella regione, era stato in Kosovo, dove aveva sollecitato i politici locali a formare al più presto un nuovo governo, per colmare il vuoto di potere che si registra a Pristina dal voto anticipato del 6 ottobre scorso.

Un nuovo esecutivo, ha osservato, che è la condizione per il ripristino del negoziato con Belgrado. Borrell, ex ministro degli esteri spagnolo, il cui Paese non riconosce l’indipendenza del Kosovo, ha in programma a Belgrado colloqui con il presidente serbo Aleksandar Vucic, la premier Ana Brnabic e il ministro degli esteri Ivica Dacic.

Durante l’incontro con il presidente kosovaro Hashim Thaçi, Josep Borrell ha sottolineato come il Kosovo sia pronto dal punto di vista tecnico per facilitare i visti per viaggiare nell’area Schengen. Ma non ha specificato quando questo accadrà. Dal canto suo Thaçi ha sottolineato come la mancata liberalizzazione sia “un errore strategico nei confronti del Kosovo. Questo isolamento e discriminazione del Kosovo sono ingiustificati e impediscono il futuro europeo. Voglio credere che con l’energia, il potenziale e il coraggio che Borrell darà alla politica estera dell’UE questa questione cambierà immediatamente. Vorrei davvero vedere un’Unione europea unificata verso il Kosovo”.

La visita di Borrell nei Balcani è arrivata subito dopo quella dell’inviato speciale degli Usa per il Kosovo, Richard Grenell. “Io non sono in gara con gli americani – ha detto Borrell – lavoreremo insieme. Non siamo qui per accusarci a vicenda”.

Solo pochi giorni prima, il 27 gennaio si è tenuto l’ultimo scontro tra Kosovo e Serbia. In occasione del Giorno della Memoria, il presidente kosovaro Hashim Thaçi è tornato ad accusare la Serbia di “negare i crimini” che causarono quello che ha definito “l’olocausto balcanico”. “L’idea e i tentativi di sterminio di popolazioni e gruppi etnici sono stati perseguiti dal regime serbo in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo. I massacri e la pulizia etnica assomigliano a quelli della seconda guerra mondiale”, ha detto Thaçi. Immediata la reazione di Belgrado. Marko Djuric, capo dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo, ha definito “disgustose” le affermazioni di Thaçi sull’ ‘olocausto balcanico’, paragonando i serbi ai nazisti e gli albanesi del Kosovo agli ebrei.

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