di ARTURO DOILO
Ci vuole tanta fantasia per sostenere che l'Italia è in ripresa. Solo chi non ha mai avuto un'impresa vera, in qualsiasi settore, può affermarlo con tanta leggerezza, non avendo cognizione di causa su cosa significhi vivere del proprio, sudato lavoro. Eppure, di segnali - aldilà di quelli che il nostro Luigi Cortinovis lancia in continuazione - ce sono. Vediamo:
1- Fare impresa in Italia non è un'operazione conveniente, lo dice uno studio dell'Ocse, che ha comparato per il 2014 i diversi modelli di tassazione delle piccole e medie imprese nei Paesi che ne fanno parte. L'Italia sta peggio solo di Belgio e Francia per quel che concerne il costo del lavoro, ma in quanto a burocrazia e incertezza del diritto non ha rivali. Inoltre, il Grande Fratello fiscale è un'altra minaccia burocratica che indispone gli investitori.
2- Il commercio non se la passa bene. Prendiamo un esempio: Padova, nel ricco Veneto. Più di otto commercianti su dieci hanno dovuto pos
Chi vive in Italia e cerca di farlo lavorando seriamente non può non sottoscrivere i punti espressi. C’è un però, che mi permetto di sollevare. Non solo l’Italia è il paese con il più alto numero di opere d’arte e beni ad alto valore turistico, ma abbiamo anche uno dei climi migliori al mondo, cosi come mari e spiagge. Insomma, almeno nel settore turistico, l’Italia rimane uno dei posti migliori al mondo dove investire; detto questo, sottoscrivo ogni punto analizzato e discusso dall’autore.
Eccellente analisi dell’attuale situazione: praticamente l’opposto di quello che dicono giornali e telegiornali.
Ottima – ma ennesima – panoramica. Bene, la situazione è – da almeno 60 anni – uno sconcio: e va costantemente peggiorando. Adesso al disastro economico, fiscale, morale, culturale etc. si aggiunge il suicidio etnico-ambientale finanziato con miliardi (a debito) per mantenere un’orda di parassiti analfabeti che “dobbiamo” salvare: e guai a dire di no! In altri tempi la popolazione avrebbe già preso i forconi e sarebbe andata a Roma a fare giustizia. Evidentemente abbiamo – tutti – perso i necessari “attributi”: e allora non lamentiamoci. Evidentemente ci meritiamo il destino che i “nostri” politici – da Salvini a Vendola – ci riservano.
Si sono, anzi hanno perso gli attributi.
Ma le ragioni base di questa forzata accondiscendenza popolare nei confronti dei misfatti della politica e del potere sono altre.
Opportunismo italico.
Miseria ancora non sufficiente..