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Quell’ideale di Ayn Rand celato in un romanzo giovanile

Da leggere

di LEONARDO FACCO Per quasi un secolo, l’Ideale di Ayn Rand (nata a San Pietroburgo il 2 febbraio 1905) è rimasto in un cassetto, nonostante l’autrice lo avesse scritto per due volte, la prima in forma di romanzo, la seconda come testo per una piéce teatrale. Eppure, la madre dell’oggettivismo ha preferito non vederlo pubblicato, probabilmente perché insoddisfatta di questa sua opera giovanile, considerata “incerta ed acerba”, come ha scritto Leonard Peikoff, che ne ha curato la stesura. Dopo aver letto “Ideale” – edito da Corbaccio – è impossibile non notare nella semplicità della scrittura e nella profondità delle parole quell’universo di passione e razionalità che abbiamo conosciuto leggendo “La rivolta di Atlante”, oppure ancora “Noi vivi”, “Antifona” e “La “Fonte Meravigliosa”. Questo romanzo breve non ha una trama vera e propria, se non quella ideologica tutta randiana, che si sintetizza in una frase, riportata da Peikoff
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