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Un’italia miserabile: anche chi lavora è a rischio povertà

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di ARTURO DOILO Milton Friedman sosteneva che "Se paghi le persone per non lavorare e invece le tassi quando lavorano, non sorprenderti se c'è la disoccupazione". Non si tratta di una frase ad effetto, oppure di un piacevole aforisma, ma di una logica previsione se alle regole basilari dell'economia si sostituiscono quelle stataliste. L'Eurostat, riportando i dati di uno studio che si basa sui dati del 2016, ci conferma che il fu premio Nobel americano ha ragione: "Il rischio povertà riguarda anche chi lavora". Detto con altre parole "cresce il lavoro precario e part time e aumenta il fenomeno dei «working poor», ovvero di coloro che pur avendo un'occupazione sono a rischio povertà". Concretamente, i numeri citati da Eurostat ci dicono che l'11,7% degli occupati in Italia, uno su 8 circa (2,6 milioni di persone circa), è a rischio povertà. Una percentuale, peraltro, che è in crescita rispetto al 2015 (era l'11,5%) e soprattutto rispetto al 2010 (+2,2 punti percentuali,
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