di MARIETTO CERNEAZ
Chi legge distrattamente i dati argentini, avrà sentito qualche commentatore affermare che “il debito pubblico del paese, con Milei, è aumentato”. In vero, i numeri ci dicono ben altro.
Il debito pubblico argentino, a luglio di quest’anno (il dato più recente disponibile è del 19 agosto 2025), ammonta a circa il 67% del PIL, in base ai calcoli derivati dal calo del debito lordo (da 465 miliardi di USD a giugno a 447 miliardi di USD a luglio) e all’estimazione del PIL nominale annuo intorno ai 665 miliardi di USD, il dato più recente dei ufficiali.
Questa cifra riflette un trend di riduzione grazie alle politiche di austerity (tagli di spesa) e all’attivo di bilancio. Le cifre ci dicono che 76,2% – rapporto debito/PIL – a marzo, si è scesi al 70% a giugno, per poi confermare un ulteriore calo a luglio per cancellazione di debito ulteriore e volatilità cambiaria. Un dato migliore persino alle aspettative del Fondo Monetario Internazionale.
La decisione della Banca Centrale della Repubblica Argentina (BCRA) di porre fine al LEFI (titoli di debito del Tesoro Nazionale a brevissimo termine, 1 settimana, che sono stati utilizzati per sostituire le passività remunerate della BCRA) ha prodotto un cambiamento sostanziale nelle dinamiche finanziarie a luglio e ha segnato una svolta nella gestione del debito pubblico.
Il presidente della banca, Santiago Bausili, ha spiegato che fino ad allora le banche depositavano quotidianamente i loro pesos in eccesso presso la Banca Centrale Argentina (di cui ci si aspetta l’abolizione, come da programma del presidente), che li assorbiva alla chiusura delle contrattazioni e li restituiva con gli interessi la mattina successiva. Questo meccanismo, che garantiva liquidità immediata e rendimenti costanti, è scomparso da un giorno all’altro, costringendo le banche (che oggi sono obbligate ad avere una riserva del 40%) ad adattarsi a un sistema diverso. Così, a luglio, il Ministero delle Finanze, guidato da Pablo Quirno, è riuscito a ridurre il debito del governo centrale per un equivalente di 18,153 miliardi di dollari rispetto a giugno, chiudendo il mese a 447,202 miliardi di dollari.
La strategia di disciplina fiscale promossa dal governo Javier Milei, insieme alla ricapitalizzazione della Banca Centrale a seguito dell’accordo firmato con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ad aprile, ha contribuito a sostenere questo processo.
Il titolo e il testo che hai fornito sono in inglese. La traduzione in italiano è la seguente:
I kirchneristi spingono disperatamente contro i veti di Milei
In una sessione fiume alla Camera dei Deputati, i partiti di opposizione, principalmente kirchneristi, si stanno opponendo con forza ai recenti veti del Presidente Milei. Il loro obiettivo è ribaltare queste decisioni, promuovendo politiche populiste che minacciano l’equilibrio fiscale dell’Argentina.
Questa mossa è vista come un tentativo strategico di mantenere la propria rilevanza politica in vista delle elezioni di medio termine dell’ottobre prossimo, dove il kirchnerismo si trova di fronte a una probabile sconfitta.
L’opposizione sostiene che le sue azioni siano guidate da nobili motivi, affermando di voler proteggere gli interessi sociali contro le riforme di Milei. Tuttavia, i critici vedono questo come un estremo tentativo di aggrapparsi al potere, minando gli sforzi di stabilizzazione economica del governo.
Con l’avvicinarsi delle elezioni di medio termine, l’esito di questo scontro potrebbe rimodellare il futuro fiscale e politico del Paese, con conseguenze significative per l’amministrazione del Presidente Milei e per la sempre minore influenza dell’opposizione.


Per lo meno Milei sta dimostrando (per ora e speriamo duri per sempre) che la cura da cavallo liberista si può fare anche senza il ricorso alle dittature, cosa peraltro rara in quelle latitudini, con buona pace di Naomi Klein.