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Gli indipendentisti? se non si uniscono non andranno da nessuna parte

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 di ROMANO BRACALINI Vedo nel marasma politico italiano un proliferare di movimenti di liberazione, però divisi e deboli perché privi di un programma comune. Anzi vedo in ciascun movimento una idea di primogenitura orgogliosa e quasi ostile, un impedimento a confidarsi e a unire gli sforzi. Il Veneto aspira da sempre all’indipendenza perduta. La Lombardia mette in campo un lombardismo orgoglioso che a fine Ottocento Filippo Turati tentò di tradurre nella formula avvicente dello “Stato di Milano”. Il Piemonte neghittoso e assorto, quasi geloso del suo passato regale di Stato guida, è incerto tra antico leghismo, aspirazioni autonomiste e vecchio ordine partitocratico. Torino, dopo i Savoia, è stata la culla del comunismo gramsciano; Togliatti ne ereditò i connotati rigidi che impresse al suo partito. Torino da sempre è amministrata da sindaci della sinistra statalista. Sulla testa del presidente Cota pende un fatale destino di rimborsi truffa che favoriscono la rimonta
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