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I sogni dei kenesiani alle vongole e gli incubi per i pagatori di tasse

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di MATTEO CORSINI Uno dei mantra che vede pressoché tutti concordi in Italia è quello dell’esclusione delle spese per investimenti dal calcolo del deficit pubblico. Magari investimenti “green”, che sono tanto politically correct. Per l’ennesima volta lo auspica Pier Carlo Padoan, tra gli specialisti, quando era ministro dell’Economia nei governi renziani, nella redazione di documenti di economia e finanza primaverili che promettevano riduzioni di deficit e debito, salvo poi in autunno andare a Bruxelles su mandato di Mr Leopolda a contrattare di fare più deficit da iscrivere alla voce “flessibilità”. Secondo Padoan: “Il patto di stabilità andrebbe modificato andando ad analizzare il tipo di spesa. Ad esempio gli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici andrebbero calcolati nel deficit perché sono spesa corrente. Invece le spese per gli investimenti a favore di capitale umano, innovazione, ricerca e infrastrutture (magari quelle che proteggono l'am
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