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Il progresso e il parassita: una lettura della società italiana

Da leggere

di PAOLO L. BERNARDINI

Proviamo ad iniziare con la citazione dei dati riportata da alcuni siti (cito da RAI NEWS):

  • “Un Paese in cui il peso del fisco è concentrato su una minoranza di contribuenti. Il 43,15% degli italiani non ha redditi e quindi vive a carico di qualcuno mentre oltre il 78% di tutto il gettito Irpef è concentrato su 11,6 milioni di contribuenti, poco più di un quarto del totale. E’ quanto emerge dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata alla Camera dei Deputati insieme a CIDA – Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità, sostenitrice della ricerca, in occasione del convegno «Il difficile finanziamento del welfare italiano».
  • Dalla rielaborazione dei dati Mef e Agenzia delle Entrate emerge infatti che, nel 2024, su una popolazione di 58.997.201 cittadini residenti sono stati 42.570.078 quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi (con riferimento all’anno di imposta precedente). A versare almeno 1 euro di IRPEF, però, solo 33.540.428 residenti, vale a dire poco più della metà degli italiani; a ogni contribuente corrispondono quindi 1,386 abitanti.”

Come leggere questi dati? Innanzi tutto, come nel caso di ogni statistica, va presa con le molle. Non intendo certo dire che i dati siano falsati per dolo. Non credo questo, ovviamente, neanche per i dati ISTAT. O che siano falsati per colpa. Penso che non lo siano (lo spero).

Se vi è un Paese in cui il 43,15% dei cittadini NON ha reddito alcuno, vi sono buoni motivi per credere che il Paese in questione non funzioni! Lapalissiano! Quanti sono il 43,15% di 58.997.201 abitanti residenti certificati? Prendiamo la calcolatrice: sono 25.457.292, e rotti.

Da essi però se interpreto bene questi dati dobbiamo togliere coloro che per età non possono legalmente lavorare. Dunque, con varie eccezioni, tutti coloro che sono sotto i 18 anni di età. Poi però vi sono tutti gli altri, considerando che anche i percettori di pensione minima NON rientrano nella categoria dei non aventi reddito, a meno che non si tratti di coloro che rientrano nella NO-TAX area, ovvero che percepiscono 8500 euro o meno all’anno (5.500 per i lavoratori autonomi). Più o meno la popolazione del Mali, in ogni caso, del Burkina Faso, della Siria, poco meno della popolazione australiana e della Corea del Nord (entrambi gli Stati sono attorno ai 26 milioni di abitanti), non produce reddito legalmente certificabile, alcuno. Occorre vedere certo se tra i 25.457.292 rientrano anche coloro che percepiscono sì un reddito, ma legalmente non pagano tasse in quanto nella NO-TAX area. Non sono riuscito a capirlo.

Va bene. Ma è un disastro, siamo oggettivi. O perlomeno sembra un disastro. Lo è davvero?

Il pensiero libertario, che è quello che massimamente ci obbliga alla libertà – un paradosso, l’obbligo alla libertà, ma in questo caso significa obbligo alla coerenza – ci spinge insieme sempre a guardare tutto da prospettive rovesciate, ad invertire il giudizio, a seguire la “fuzzy logic” – che io adoro – piuttosto che le logiche tradizionali.

Cosa possiamo dunque trarre da questo dato in apparenza sconfortante? Possiamo trarre invece un grande elogio del progresso, del capitalismo, della società civile. In che senso (ieri sera con Lodi Liberale ho presentato un libro di Johan Norberg grande ottimista svedese-americano, e dunque sarò ottimista anche io)? Nel senso che, nonostante lo Stato orco fiscale, nonostante il centralismo, il collettivismo latente ed occasionalmente rampante, nonostante l’influenza nefasta dello Stato sulla società civile, quest’ultima, con questi dati, mostra di trionfare.

25.457.292 di esseri umani, di sesso, origine etnica, religione, orientamenti sessuali, formazione, salute, collocazione geografica, età diverse, insomma, quella che potrebbe essere la popolazione di uno stato di medie dimensioni – come quelli citati prima, ma mettiamoci anche lo Sri Lanka, il Niger, ed altri che hanno più o meno tale notevolissima popolazione – vivono, apparentemente senza soffrire la fame, morire di stenti, vivere in baraccopoli o favelas. Insomma, vivono, più o meno come gli altri. Sopravvivenza? Ma chissà. Vita. Non sono tutti a chiedere l’elemosina per strada se no penso proprio che ce ne accorgeremmo. Non sono tutti disabili, malati cronici, esseri in fine vita.

Non hanno reddito. Quindi, vuol dire che hanno spesso un lavoro o una serie di lavori in nero, hanno famiglie, compagne, compagni, associazioni, enti pubblici e privati, e quant’altro che permette loro di vivere. Magari – ma chi lo ha detto – non hanno un Rolex al polso e non guidano una Jaguar, ma non sembra che siano come i mitici bambini del Biafra. Sono parassiti? Ma, se hanno lavori in nero, come moltissimi di loro, neanche questo è vero. Se come – con buone ragioni – il pensiero libertario definisce “parassiti” tutti quelli che sono al soldo indiretto o diretto dello Stato, allora, chi parassita non è? Da una prospettiva o dall’altra, con 25 e passa milioni di senza-reddito-dichiarato-e/o tassabile, con 3,5 milioni di dipendenti pubblici, 16 e passa milioni di pensionati, chi cavolo produce un reddito vero in Italia???

16 + 25=41, ma 41 + 3,5 uguale 44,5!!! Orrore orrore (parola per me si sa impronunciabile, ma riesco a scriverla come tutti gli altri!), dunque se sommiamo ai pensionati (16), i privi di reddito (25), e i dipendenti statali (3,5), allora ecco fatto: l’Italia è tenuta a galla da 14 milioni o poco più di contribuenti privati. Penso non siamo lontani dal vero. Tuttavia tra questi privati moltissimi hanno redditi bassissimi, quindi occorre scremare anche qui.

Ma rovesciamo di nuovo il discorso, W l’ottimismo di Norberg! Questi 14 milioni (o meglio, una percentuale ristretta di essi, ma mettiamoli pure tutti) consentono la vita – più o meno decorosa – sia di 16 milioni di pensionati, sia di 25 milioni di senza-reddito-tassabile, sia di 3,5 milioni di dipendenti pubblici. Un trionfo della marcia capitalistica della Storia, W Norberg! La società civile italiana si è evoluta abbastanza dal 1945 ad oggi per consentire una situazione socialmente quasi paradisiaca. Lavorare stanca!!

Ma il diavoletto pessimista – mi sono in fondo formato all’Università di Genova, e con Lottieri, e si ricorderà quanto Nietzsche e Schopenhauer ci han fatto sorbire! – riesce fuori. E’ davvero sostenibile tutta questa situazione? Sinceramente, ne dubito. Se non altro, mi fa orrore la situazione psicologica del parassiti del gruppo maggiore, i privi-di-reddito. Va bene vivono, ma togliendo coloro che lavorano in nero, del tutto, visto che non dichiarano niente, e dunque occupano (proficuamente, bravi!!) la giornata, gli altri mi paiono sprofondati in limbo infernale. Che fanno?

In un mondo dove la parola magica “sostenibilità” e la sua mala sorellastra “resilienza” appaiono ogni due per tre, occorre domandarsi se questa situazione sia sostenibile. E’ parallela ed imparentata col debito pubblico: cresce cresce ma prima o poi esplode. E il bengodi finisce, anche magari solo per ripresentarsi dopo in modo ancor più spinto (e si veda il bel librone ultimo proprio di Norberg, “Peak Human”, che recensirò presto). Il problema sarà l’entità del collasso. Ma vedremo.

Per ora, da buon parassita produttivo… (un bell’ossimoro, ma ne vado in certo modo fiero) mi rimetto… a studiare.

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2 COMMENTS

  1. Chi vive di rendita – e non sono pochi – con un capitale tassato con ritenuta definitiva e regime amministrato (anche eventuali capital gain già tassati) risulta a irpef zero, ma non è uno spiantato.
    E’ una delle tante contraddizioni del metodo stupido con cui si misurano i fenomeni economici e fiscali nel nostro paesello.

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