di MICHELE CORTI
Molte discussioni su autonomia e indipendenza, anche qui su l'Indipendenza, mi paiono galleggiare nel vuoto. Nel vuoto pneumatico della politica, delle istituzioni, delle costituzioni formali, assunte come qualcosa che si genera e si trasforma da sé, nel vuoto sociale, in forma partenogenetica.
Forse è l'eredità della modernità che non si si riesca a scrollare di dosso, l'eredità di una separazione tra le sfere del “politico”, dell' ”economico”, dell' “istituzionale”, del “sociale” ecc. che, alla fine, è solo una chiave di interpretazione di una realtà sociale che, oggi come mille o duemila anni fa, è unitaria. Così le “rivoluzioni politiche” dei secoli XVIII-XX sono assurte nell'immaginario collettivo a sconvolgimenti epocali. In realtà non lo furono affatto, a cominciare dalla “rivoluzione per antonomasia” (quella francese) che in larga misura era stata già attuata dalla monarchia.
Molto più influenti sono altre rivoluzi
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