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La “famiglia nel bosco”: “Dov’è lo Stato”?

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di ALESSANDRO SANTIN

Leggo, in questi giorni, accorati appelli di chi invoca il salvataggio della cosiddetta “famiglia nel bosco”. Lo desidero anch’io, e con altrettanta forza. Ma stupisce che molti di coloro che oggi levano la voce in sua difesa siano gli stessi che, da anni, reclamano un’espansione continua dell’apparato pubblico: più Stato, più norme, più controllo. E, quando l’ingranaggio burocratico genera sofferenza o ingiustizia, si domandano smarriti: “Dov’è lo Stato?”. È lì, esattamente dove lo avete voluto.

È quello stesso Stato che si arroga il potere di sottrarre i figli ai genitori sulla base di una relazione redatta da un’assistente sociale, convinta che la lettura di qualche manuale di psicologia e di molta propaganda politica la renda depositaria del giudizio sulla vita altrui. Una figura che, imbevuta di un’etica statalista, guarda alla famiglia non come nucleo autonomo e fondamento della società libera, ma come un ostacolo all’assoluta centralità dell’istituzione pubblica nella direzione delle esistenze collettive. Se non vivi secondo i suoi schemi, diventi immediatamente un’anomalia da correggere, un rischio da “gestire”, un problema da normalizzare.

Lo Stato è lì, instancabile, intento a modellare le coscienze, a scoraggiare l’intraprendenza, a insinuarsi in ogni ambito della vita con il pretesto del bene comune, mentre sottrae con perizia tributaria i frutti del lavoro e del merito di ciascuno. È lì, convinto di essere il proprietario ultimo delle nostre vite, pronto a utilizzarle come pedine sulle scacchiere geopolitiche, ritenendosi legittimato a decidere chi deve sacrificarsi e per quali equilibri di potere.

Nel tempo, lo Stato si è trasformato in una sorta di divinità laica: pretende fedeltà assoluta, esercita potere di vita e di morte, definisce il perimetro entro cui possiamo muoverci e pensare.

E allora, cari amici che oggi volete difendere la famiglia nel bosco, sappiate che non potrete salvarla finché non riconoscerete che il suo persecutore non è un’entità astratta o un destino crudele: è lo Stato stesso.

Chi vuole davvero proteggere quella famiglia deve trovare il coraggio di opporsi a chi la condanna, e dunque di sfidare l’onnipotenza dello Stato. Solo restituendo spazio alla libertà, alla responsabilità individuale e alla società civile potremo sottrarre le persone — tutte, non solo quelle nel bosco — a un potere che non conosce altro limite se non quello che noi stessi gli concediamo.

FUORI LO STATO DALLA NOSTRA VITA!!!

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3 COMMENTS

  1. Di questo passo, è solo questione di tempo, si arriverà a un provvedimento che stabilirà che i neonati debbano essere sottratti ai genitori al momento della nascita e restituiti ad essi solo dopo che una commissione statale, appositamente istituita, avrà valutato la loro idoneità. “La via della schiavitù” è stata imboccata da un pezzo!

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