di FRANCO POSSENTI
Nel centenario del genocidio armeno, Libri Liberi, un piccolo editore di Firenze, pubblica una testimonianza dolorosa e tragica: la storia vera di Michel Mikaelian (1901-1984) che da adolescente visse la deportazione e lo sterminio della famiglia e dell’intero suo popolo. “Haigaz chiamava: Mikael… Mikael…” (100 pagine, a cura di Alessandro Litta Modignani, postfazione di David Meghnagi) racconta di un ragazzo innocente e laborioso, che assiste sgomento alle retate, alla scomparsa del padre, alle marce della morte nei deserti pietrosi e infuocati dell’Anatolia. Il piccolo Mikael è costretto a vedere gli stupri delle ragazze armene, i cadaveri in putrefazione sparsi ovunque, i suicidi della disperazione. Abbandona sotto un arbusto il corpo senza vita della madre, che fra poco sarà “il festino degli avvoltoi e dei topi” e arranca trascinando con sé, per mano o sulle spalle, il fratellino Haigaz di neanche due anni. Scampa miracolosamente alla grand
Storie di infamie che sono sempre state commesse. Già nella Bibbia di alcuni popoli con i quali entrano in contatto, gli ebrei si curano di sterminarli, certo, ma era per esplicito ordine del Signore.
Molto recentemente gli italiani in Istria e Dalmazia sono stati opera di pulizia etnica, ma non mi pare che alcuno, nè slavi, nè autorità italiane abbiano almeno chiesto scusa per l’atto o per in silenzio accondiscendente.
Pulizia etnica c’è stata in Kosovo e chissà in quante parti ancora.
Se un uomo vuole i beni di un altro, o la donna, li ruba, la violenta e poi subisce, si spera, la pena.
Se sono in tanti a farlo, si parla di guerra, di pulizia etnica, … ed i misfatti rimangono impuniti.