di MATTEO CORSINI
In una lunga intervista su Repubblica, Ernesto Ruffini, capo dell’Agenzia delle entrate, cerca di accreditarsi come persona non ostile nei riguardi dei pagatori di tasse. Più o meno lo stesso hanno fatto i suoi predecessori (chi più, chi meno), ma tra il dire e il fare le differenze sono sempre state notevoli.
Tra le altre cose, Ruffini respinge l’etichetta di fisco “amico”: “Il termine "Fisco amico" non mi piace. Gli amici si scelgono. Il Fisco può essere al massimo un parente, visto che i parenti non si scelgono. Ma a patto che non sia indigesto né invadente”. Si può anche apprezzare il tentativo di ridurre il tasso di ipocrisia implicito in certe formule abusate in passato. Ma anche assimilare il fisco a un parente, per il fatto che i parenti non si scelgono, è fuorviante.
Indubbiamente i parenti non si scelgono, ma si può scegliere di starne alla larga. La stessa cosa, evidentemente, non la si può dire nei confronti del Fisco.
Solle
L’ennesimo parassita. Speriamo si estingua insieme a tutti gli altri.
Da soli i parassiti non si distinguono mai, se non sono troppi ce la si cava con la disinfestazione, se hanno invaso troppo un tessuto vivente, non ci sono speranze e l’essere muore. L’Italia è morta e finge di non saperlo. È uno zombi.
I diritti citati dal ruffini sono pura invenzione.
Io ho il dovere di mantenermi in buona salute per non gravare su altri.
Io ho il dovere , sempre per non gravare su altri, di coprirmi dai rischi salute assicurandomi.
Ma devo poter scegliere.
Lo stato mi impedisce di scegliere, perché mi impone un suo servizio, mediamente scadente.
La polizza salute, per superare le inefficienze del sistema pubblico, diventa integrativa con costi aggiuntivi alle tasse estorte.
Lo stesso per tutti gli altri diritti citati.
Lo stato impedisce la scelta libera.