di MATTEO CORSINI
Quando sento dei ministri parlare di Alitalia, di solito ho la sgradevole sensazione che (tanto) altro denaro proveniente dalle tasche dei pagatori di tasse finirà per essere gettato in quell’enorme buco nero. A maggior ragione quando sento la parola magica “italianità”.
Per questo ho provato ancora una volta quella sgradevole sensazione allorché ho letto, in sequenza, le dichiarazioni dei ministri (sic!) Di Maio e Toninelli. Secondo quest’ultimo, “l'italianità è un punto fondamentale nel futuro di Alitalia… torneremo a farla diventare compagnia di bandiera con il 51% in capo all'Italia e con un partner che la faccia volare”.
Una triste ripetizione di formule già sentite in passato, i cui effetti sono sempre stati disastrosi per i pagatori di tasse di cui sopra. Secondo Di Maio, “sono in corso da parte di questo governo le interlocuzioni necessarie per assicurare un futuro a questa azienda, per tutelare al meglio le esigenze dei lavorato
Spostate la Sede a Milano, mandate in pensione o meglio ancora licenziate i parassiti di cui è intrisa e di colpo torna a volare come si deve.
Il trucco della Politica Italiana formulata sul trucco o meglio il tradizionale imbroglio di cambiare le pedine senza cambiare il sistema, divenuta cosa ormai nota. Non soltanto Alitalia, ma tutte le Industrie di Stato o le famose partecipate, oltre a godere di prezzi dei servizi raddoppiati o addirittura triplicati rispetto alle concorrenti Internazionali, hanno una agevolazione in più, quella di fallire più volte e attingere ai soldi dei cittadini, imponendo la partecipazione di salvataggio per una ulteriore boccata d’aria fritta, rinviando l’operazione di chiusura al prossimo fallimento. La Ragione Sociale azzeccata della Compania di Bandiera far volare i soldi degli Italiani.