di LEONARDO FACCO
Era una giornata uggiosa e autunnale, come tante a Milano. Il cielo grigio minacciava pioggia, le foglie umide foderavano i marciapiedi di Lambrate e un vento freddo soffiava tra gli edifici che riempivano il quartiere nei pressi della stazione ferroviaria, dove due pantere della Polizia di Stato avevano parcheggiato coi lampeggianti accesi.
Riversa sul pavimento, con un filo di bava rinsecchita alla bocca, il cadavere di una donna sulla quarantina occupava il centro del soggiorno di un modesto bilocale di via Antonio Salieri. Vestita di tutto punto, non mostrava alcun segno di violenza evidente, niente graffi né ferite. Fisico snello, capelli castano scuri, le labbra rifatte e il viso truccato con perizia lasciavano intendere che aveva molta cura di se stessa. La pelle, però, mostrava i primi i segni della decomposizione, la morte probabilmente risaliva ad almeno un paio di giorni prima.
Il volto era privo di espressione, gli occhi grigio perla guardavano
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