di LEONARDO FACCO
Anche Francesco De Gregori appartiene a quel gruppo di cantautori italiani che hanno trasformato la musica in uno strumento di propaganda ideologica. La sua è una sinistra particolare, però: colta, umanista, ovviamente anti-borghese, poco incline al settarismo, ma infida e profondamente radicata in un immaginario progressista che è diventato la grammatica emotiva di un’intera generazione. Nei suoi testi la politica quasi non si vede, ma si sente: aleggia come clima morale, come sensibilità, come narrativa dell'«uomo giusto, ma nuovo», contro le ingiustizie sociali ed al servizio del popolano fragile contro il potere forte.
"La storia siamo noi, nessuno si senta escluso" non è solo un verso, ma la versione poetica del manifesto dell'idea collettivista, secondo cui l’individuo trova senso solo dentro un corpo comunitario più ampio, sempreché quel corpo sia di sinistra. Una sinistra civile, repubblicana, perennemente antifascista, che ha plasmato la cultur