di LEONARDO FACCO
Gibran, diceva che “le parole sono senza tempo”. Tutti sappiamo che “le parole sono pietre” e che Orwell, sul significato delle stesse, ci metteva in guardia, soprattutto quando a manipolarle è chi tiene salde in mano le briglie del potere.
Il vocabolario della “lingua franca italiana”, il mitico Treccani, dà questa definizione di parassita: “In origine, denominazione in uso nell’antica Atene per designare funzionarî cultuali di alcune divinità, con attribuzioni non ben chiare, che avevano come caratteristica di partecipare alla divisione della vittima sacrificata alle divinità stesse; più tardi (almeno dal sec. 4° a. C.) il termine assunse il significato di scroccone sfrontato, amante della buona cucina, spesso incaricato di allietare con buffonerie gli invitati a un banchetto”. Nell’uso più odierno, e aggiornato, il parassita è colui che “mangia e vive alle spalle altrui”.
In campo biologico, la sostanza non cambia molto:
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