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Taglio delle province: rovigo si offre all’emilia per rimanere “rossa”

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di CARLO MELINA “Il confine a Villadose” cantano gli ultras dell’Adriese, marciani senza saperlo, cittadini (loro sì) di quel che resta del più importante porto antico dell’Adriatico settentrionale, a cui Adria, ancora per poco in provincia di Rovigo, avrebbe dato il nome, almeno secondo Livio, Plinio e Strabone. Storici che per il capoluogo “incolto” (cfr. Dante Alighieri) non hanno sprecato una parola. Lo stesso capoluogo che oggi rifiuta, per bocca del vice presidente e assessore provinciale con varie deleghe Guglielmo Brusco, la riorganizzazione delle province. Soprattutto rifiuta di venire inglobata nella costituenda provincia di Padova, preferendo, invece di agganciarsi ai più ricchi e sviluppati comuni del veneto centrale, la bassa ferrarese. Mentre al capoluogo polesano, che ha scippato nel 1909 la titolarità della diocesi alla più antica Adria (da qui il coro degli ultras), converrebbe entrare a far parte di quel nordest produttivo e caparbio che la
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