di ALESSANDRO SCOLARI
La “fuga dei cervelli” dalla penisola chiamata Italia, è un altro sintomo di una unità e coesione nazionale mai riuscite. Quando si dice “fuga di cervelli”, si parla soprattutto di giovani che sono altamente qualificati, laureati e specializzati, che non trovando lavoro in Italia, all’Università o altrove, decidono di lasciare il Belpaese.
Attualmente sono stimati in oltre 25 mila i giovani che annualmente lasciano la penisola. Viene da pensare alle politiche dei governi democristiani degli anni Cinquanta, quando personalità come De Gasperi e Fanfani raccomandavano l’emigrazione di italiani all’estero, come operai o minatori, soprattutto nei paesi del Nord Europa, perché quello che guadagnavano lo mandassero a casa per aiutare l’economia “italiana”. Era una emigrazione dettata da ragioni di sopravvivenza. Quella di oggi, la fuga di cervelli vista come emigrazione italiana del XXI° secolo, se la leggiamo per intero, sembra una “st
Comments are closed.