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La democrazia non è roba da italiani, si meritano solo il duce

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di ROMANO BRACALINI C’è una frase di Leo Longanesi che dipinge bene il carattere dell’italiano e dei suoi travestimenti;e fu quando diede questa risposta indignata a un vecchio camerata che si proclamava “il vero fascista tutto d’un pezzo”: "Vero fascista, lei? Ma i veri fascisti siamo noi… noi che dapprima non ci credemmo, poi fingemmo di crederci, poi credemmo di fingere, poi lo tradimmo, poi lo rimpiangemmo…”. Gli stati d’animo che Longanesi descrive accompagnarono davvero l’avvento e il crollo del regime. Ed è pur vero che un intero popolo ci credette e poi fece finta di non averci creduto.Tra gli adulatori troviamo nomi insospettabili. Il compagno Pietro Ingrao scrisse versi fascistissimi per la fondazione della città di Littoria sorta dalla bonifica delle paludi Pontine che un giovane radiocronista,Vittorio Veltroni, padre di Walter, descrisse in termini di devozione per il Duce. Certo, ci fu l’aberrazione delle leggi razziali del ’38, che non
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