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Lingue regionali, battaglia identitaria e risposta al burocratese

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di MICHELE GHILARDELLI Leggendo un bollettino per il pagamento delle tasse, un disegno di legge o un verbale delle forze dell'ordine si ha l'impressione che l'italiano contemporaneo si sia definitivamente diviso in due lingue distinte: la lingua colloquiale, chiara ed immediata, e un insieme di termini arcaici e circonvoluzioni di costrutti grammaticali che porta il nome di burocratese. Nel corso degli anni non sono mancate le iniziative volte a eliminare o quanto meno limitare l'utilizzo di questa varietà di italiano e quindi fare sparire termini incomprensibili ai più come "sugellare", "all'uopo" o "inopinato". Addirittura, nel 2001 venne introdotta una norma che obbligava gli enti pubblici a scrivere in un linguaggio comprensibile senza avere bisogno del vocabolario della Crusca. Ovviamente fu ampiamente disattesa fino alla definitiva abrogazione nel 2013. Non c'è nulla da fare: l'italiano ha ormai sviluppato un linguaggio burocratico che è una sorta di "marchio di fabbrica
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