di ALBERTO SCHIATTI*
Caro signor Vichi, ho letto, come moltissime altre persone, il suo sfogo sui media e la sua offerta di una fabbrica a costo zero per cercare di realizzare la ripresa dell’attività produttiva. Come cittadino non posso che condividere ed ammirare la sua proposta, ma devo confessarle onestamente che mi stupisce fortemente “l’italianità” che trasuda dalle sue parole.
Cerco di spiegarmi: se la sua fabbrica ha chiuso, o neppure aperto, e se le sue maestranze si trovano ora su una strada, non e’ colpa della concorrenza estremo-orientale, ma proprio di quell’Italia che lei continua a citare. Uno Stato senza una seria politica industriale, colpevole di tartassare le imprese con un fisco ossessivo e oppressivo, e di rapinare le buste paga dei lavoratori con un prelievo alla fonte che non permette loro un decente grado di vivibilità. Uno Stato che non ha mai pensato a una seria rete di trasporti che permettessero alle imprese di trasferire a basso costo
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