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Boric, il comunista cileno che sta affossando l’economia del suo paese

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di ARTURO DOILO Nel 2020, con la scusa del Covid, i neomarxisti e i loro associati misero a ferro e fuoco il Cile - nel silenzio generale della stampa compiacente - pur di scalzare Sebastián Piñera dalla presidenza del Cile. Missione, ovviamente compiuta. Oggi, alla testa di quella che era la Svizzera del Sudamerica c'è Gabriel Boric, comunista convinto, che ha impresso al suo governo una spiccata indole collettivista. Il fatto è che da parte dei media amici continua a prevalere il mutismo assoluto in merito ai risultati fallimentari del barbudo cileno. Il governo socialista in carica ,infatti, ha ottenuto scarsi risultati economici nei suoi quasi due anni di amministrazione. Sebbene il partito al governo non sia riuscito a portare avanti pienamente l’applicazione del suo pacchetto di riforme, e sia stato respinto più volte dal Congresso, è riuscito ad aumentare il peso delle tasse nel settore energetico (particolarmente importante per il Cile) e a gravare di norme i
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