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ESCLUSIVA / L’Antefatto: il primo capitolo del romanzo “Il collezionista di scontrini”

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di LEONARDO FACCO

Era una giornata uggiosa e autunnale, come tante a Milano. Il cielo grigio minacciava pioggia, le foglie umide foderavano i marciapiedi di Lambrate e un vento freddo soffiava tra gli edifici che riempivano il quartiere nei pressi della stazione ferroviaria, dove due pantere della Polizia di Stato avevano parcheggiato coi lampeggianti accesi.

Riversa sul pavimento, con un filo di bava rinsecchita alla bocca, il cadavere di una donna sulla quarantina occupava il centro del soggiorno di un modesto bilocale di via Antonio Salieri. Vestita di tutto punto, non mostrava alcun segno di violenza evidente, niente graffi né ferite. Fisico snello, capelli castano scuri, le labbra rifatte e il viso truccato con perizia lasciavano intendere che aveva molta cura di se stessa. La pelle, però, mostrava i primi i segni della decomposizione, la morte probabilmente risaliva ad almeno un paio di giorni prima.

Il volto era privo di espressione, gli occhi grigio perla guardavano fissi l’ispettore Salvatore Accisa, veterano della Squadra Omicidi meneghina, che osservava attentamente quel corpo, con la convinzione, vista l’esperienza ventennale alle spalle, che si trovasse di fronte ad un caso di omicidio. Anche se prossimo alla tanto agognata pensione, il graduato voleva chiudere la carriera in gloria ed era in attesa di qualche informazione dai suoi uomini in tuta e guanti bianchi, intenti a spolverare qua e là mobili e suppellettili dell’abitazione alla ricerca di qualche impronta digitale.

Secondo il poliziotto, due soli elementi rompevano la monotonia di quell’ambiente: un bicchiere in beata solitudine, sicuramente usato, che campeggiava sul tavolo e un piccolo pezzo di carta, simile a uno scontrino, che spuntava dalla mano sinistra della donna, chiusa a mo’ di pugno. Leggermente accartocciato, recava scritto sopra, in stampatello, la descrizione dei prodotti consumati: un cappuccio, una brioches, un bicchiere d’acqua e il totale del conto: 4 euro, iva compresa. Quel piccolo documento aveva segni evidenti che era stato maneggiato da qualcuno, forse dall’assassino o dalla vittima stessa. La scrittura su quel papello era abbastanza chiara, vergata con inchiostro rosso, ma a mano libera.

L’aria nella stanza era pesante, umida, impregnata degli odori della morte, e l’atmosfera tutt’intorno suggeriva che la donna aveva passato le sue ultime ore in solitudine, senza che nessuno si accorgesse della sua assenza, almeno fino a quando l’addetta alle pulizie, che si presentava in quell’appartamento tutti i giovedì dell’anno, entrando in casa è inciampata nel corpo di Rosanna Succhiardi, la titolare del bar “L’Isola delle Rose”, noto ai residenti della zona, frequentato da migliaia di pendolari delle Ferrovie e situato a non più di mezzo chilometro dalla residenza della vittima.

“Ispettore, annusi qui”, disse uno dei membri della Scientifica, squarciando il silenzio surreale che regnava tra i presenti.

“Mandorla amara! Lo sapevo che questa non è morta a causa di un malore improvviso – rispose l’Accisa abbozzando un sorrisetto –. Portiamolo in laboratorio e facciamo le verifiche del caso”.

Guardando fuori dalla finestra, l’ispettore si accorse che qualche goccia di pioggia iniziava a cadere sull’asfalto. Prese il telefono e chiamò il commissariato, sapendo che avrebbe dovuto lavorare duro per risolvere il caso. Nel frattempo, la sua mente fantasticava, cercando di ricomporre i pezzi di un puzzle tutt’altro che semplice, ma era determinato a trovare chi aveva tolto la vita a quella bella signora in una giornata che, quantomeno meteorologicamente, prometteva solo tristezza e oscurità.

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TRATTO DAL LIBRO “IL COLLEZIONISTA DI SCONTRINI”, di prossima pubblicazione.

Chi fosse interessato a prenotarlo, scriva qui: Leonardofaccoeditore@gmail.com

*La copertina di cui sopra è provvisoria, anche se scelta in un sondaggio svolto tra i lettori del canale “IlFaccoQuotidiano“, su Telegram.

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