di MATTEO CORSINI
Il conto a carico di chi paga le tasse per mantenere artificialmente in vita Alitalia è destinato a crescere, come peraltro avviene ininterrottamente da decenni. L’ultima tappa in ordine di tempo è l’amministrazione straordinaria, con tanto di prestito ponte (un ponte che finisce in un burrone) di 600 milioni per evitare il blocco dell’operatività.
Meno di 10 anni fa, regnante Berlusconi, Alitalia era stata già divisa in bad e good company, e nel 2015 Renzi ci raccontava delle magnifiche prospettive di Alitalia, in questo confermando l’ipotesi che il vero erede di Silvio sia proprio lui. Nel frattempo i dipendenti del gruppo hanno potuto usufruire di scivoli molto generosi per uscire, mentre quelli rimasti hanno continuato a credere (e probabilmente hanno avuto ragione) di lavorare per una società statale. Lo si capisce quando si vola con Alitalia, oppure si sentono le dichiarazioni di dipendenti e sindacalisti.
Uno dei tre commissari straordinar
Gubitosi vive su un altro pianeta.
Innanzitutto tre commissari sono controproducenti.
Ed è il frutto dell’intrusione statale.
Tre galli in un pollaio non vanno bene.
Il prestito ponte è come le tasse “una tantum”, che rimangono per sempre.
Basti pensare all’Isi, poi, Ici, poi Imu, etc.
Il fatto che gli interessi che alitalia dovrebbe pagare sono di “mercato” non sminuisce la porcata dell’intervento governativo.
Io poi non capisco perché il governo debba intervenire.
Non capisco la valenza strategica di alitalia, se si pensa che le tratte e i trasporti , una volta che chiudesse bottega, verrebbero egregiamente svolti da altre aziende.
E non capisco l’accanimento nel voler proteggere l’occupazione di dipendenti molto ben pagati, meglio pagati che in altre compagnie, direi privilegiati sotto molto aspetti.
Non sono più dipendenti pubblici, ma privati.
Come si fa a raddrizzare un’azienda del genere non lo capisco.
Non ce ne sono le premesse, specie dopo le votazioni tenute tra i dipendenti.
Dipendenti che non mi risulta siano azionisti.
Come pretendono i tre galli di risanare quando or ora hanno acceso un debito di 600 milioni, che inizialmente avrebbe dovuto essere di 300 milioni, e quando i dipendenti non intendono adeguarsi a sacrifici dettati dalla concorrenza e dal libero mercato?
E’ tutto un controsenso ipocrita.
E la maggior menzogna è quella che il contribuente italiano non viene oberato in modo alcuno.
La sostanza è semplice.
Alitalia è privata.
Se non va ci devono pensare gli azionisti .
Se gli azionisti non hanno i soldi necessari il destino è segnato.
Liquidazione volontaria e cessione degli assets sul genere spezzatino.
La ricerca di un possibile acquirente per tutto il boccone è un sogno irrealizzabile.
Chi se lo prende un bidone del genere?
Ma la politica si nutre di sogni irrealizzabili, ponendone i costi a carico dei sudditi.
E purtroppo anche questa volta la politica si è messa in mezzo.
Con risultati o impossibili o deleteri.