di MATTEO CORSINI
Donald Trump non è ancora (ri)entrato alla Casa Bianca da presidente che i sacerdoti di Diversity, Equity and Inclusion (DEI) intasano i mezzi di informazione di piagnistei. Su Bloomberg, per esempio, mi sono imbattuto in un articolo della a me sconosciuta Anna Gifty Opoku-Agyeman, che paventa l'allargamento del gap di ricchezza tra razze se si accentuerà l'attacco alla DEI. Con argomentazioni tipicamente socialiste, oltre che illogiche.
Per esempio, parrebbe che "la generazione di ricchezza negli Stati Uniti dipenda storicamente da tre fattori: istruzione, lavori ben retribuiti e investimenti profittevoli". In realtà sono gli investimenti profittevoli che consentono lavori ben retribuiti e anche, di conseguenza, migliore istruzione (anche quando quest'ultima è finanziata dalle tasse).
Ci viene detto anche che la DEI non vada a detrimento del merito e delle competenze. Ma questo è logicamente impossibile, perché se considerazioni in merito alla razza,
Purtroppo le menate di tipo DEI hanno contagiato non dico facoltà umanistiche ovvero chiacchierifici vari, ma pure il caro, vecchio, pragmatico, solido, tetragono, mitico poli di Torino, ormai trasformato in un istituto pindarico. patafisico e distopico ad oltranza in cui ora non mi riconosco più e mi vergogno di averne fatto parte.
https://www.polito.it/ateneo/parita-welfare-e-inclusione/genere-diversity-e-inclusione
Ricossa ne sarebbe indignato