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Le fisime sui consumatori dell’economia comportamentale

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di MATTEO CORSINI

Tra gli esponenti di spicco dell’economia comportamentale c’è indubbiamente Richard Thaler, al quale è stato assegnato il premio Nobel nel 2017. Ormai questa branca dell’economia (spesso con la sua applicazione alle decisioni finanziarie) è come il prezzemolo ed è da puri eretici mettere in discussione quanto affermano i comportamentalisti.

A mio parere, però, alla base di tutto l’approccio c’è una idea di razionalità erronea, alla quale sovente si sposa un paternalismo irritante.

Afferma, per esempio, Thaler:Noi umani non siano tanto intelligenti da valutare una situazione in un secondo e poi prendere la decisione migliore. Talvolta accade che perdiamo l’autocontrollo e spesso ci gongoliamo nell’aver fatto una scelta, anche se quella scelta ci ha fatto comprare un prodotto inutile. Non solo, il consumatore è irrazionale e cambia, influenzando a sua volta il mercato. Un mercato in cui anche le aziende tengono comportamenti irrazionali. Basta esserne consapevoli”.

Il riferimento all’intelligenza mi pare fuori luogo, soprattutto alla luce di quanto afferma successivamente Thaler in merito alla (in)utilità di un prodotto. La perdita di autocontrollo può ovviamente esserci, ma solo il singolo individuo può stabilire cosa è utile o inutile per se stesso. Ciò che a me sembra inutile potrebbe essere di grande utilità per un’altra persona. Si tratta di una valutazione soggettiva, non oggettiva. Anche quando ex post un individuo ritenga che il prodotto acquistato non gli è (più) utile, non significa che abbia agito irrazionalmente quando l’ha acquistato, perché in quel momento riteneva fosse più utile per lui avere quel bene invece che la somma di denaro spesa per comprarlo.

Il fatto poi che il consumatore cambi è inevitabile; se non cambiasse mai il mercato finirebbe per essere statico, il che è un ossimoro concettuale. Di questo credo bisognerebbe essere consapevoli.

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