di PAOLO MATHLOUTHI
Teppista in Ucraina a vent’anni, barbone, cameriere di un miliardario a New York e scrittore di successo osannato nei salotti letterari della Rive Gauche parigina, volontario delle milizie serbe di Radovan Kardzic nella polveriera dei Balcani e poi ancora leader carismatico di un partito di desperados, finito in carcere in Russia nel 2001 per traffico d’armi e attentato all’unità dello Stato.
Eduard Limonov è tutto questo: un inestricabile, sulfureo, indigesto coacervo di contraddizioni la cui picaresca esistenza, che colpisce dritta allo stomaco, come un pugno, si legge tutta d’un fiato. Il romanzo lineare, si sa, ha ormai il respiro corto, funziona sempre meno, ma le cronache di fatti realmente accaduti e le biografie offrono trame che sfidano il tempo e conquistano i lettori. Emmanuel Carrère è un affabulatore abile e smaliziato, conosce i segreti del mestiere, e ha colto l’occasione al volo. Personaggio mediatico che ricorda un po’ il nos