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Tria, la versione accademica delle scemenze pentastellate

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di MATTEO CORSINI

Più leggo le affermazioni di Giovanni Tria, ministro dell’Economia, più mi convinco che costui stia semplicemente calciando avanti il barattolo (nella visione benevola), o bluffando clamorosamente (nella visione maliziosa). Ecco, per esempio, quanto affermato al termine dell’ultimo Ecofin: “L’intenzione è cercare di rispettare l’impegno dello 0,3%, si stanno facendo dei calcoli che una piccola deviazione dall’impegno, che la Commissione già si aspetta, deriverebbe dal fatto che lo 0,3% dipende da un quadro macroeconomico favorevole, naturalmente ora c’è un rallentamento in tutta la Ue, ci possono essere piccole deviazioni, ma nella sostanza delle linee economiche non cambiano”.

In pratica sarebbe possibile attuare, anche solo in parte, le promesse elettorali dei due azionisti del governo mantenendo gli impegni di riduzione di deficit e debito, salvo “piccole deviazioni” dovute a un rallentamento della crescita del Pil.

Nei giorni scorsi, Tria aveva affermato, a proposito della risoluzione (vuota) di maggioranza al DEF: “Gli investimenti pubblici impattano positivamente e in maniera rilevante sulla domanda aggregata di breve termine, ma, soprattutto, sul potenziale dell’economia. Inoltre, in questa fase macroeconomica, è ragionevole assumere che gli investimenti abbiano un moltiplicatore particolarmente elevato che, indirettamente, ne finanzierebbe parte dei costi di bilancio, anche in ragione degli effetti positivi sugli investimenti privati”.

Tria usa un linguaggio un po’ più accademico della sua neo-viceministro Laura Castelli, ma si lascia anche lui andare ad affermazioni incredibili (nel senso di non credibili).

A suo dire,gli investimenti pubblici materiali e immateriali dovranno essere la chiave per ottenere quel di più di crescita che permetterà di conciliare l’attuazione del programma di riforme strutturali, annunciato dal governo, con un quadro di finanza pubblica coerente con l’obiettivo di diminuzione progressiva del rapporto debito-Pil, sul quale il governo si è impegnato.”

Riforme che, in ultima analisi, sarebbero flat tax, revisione della legge Fornero e reddito di cittadinanza. E che sarebbero sostenibili grazie a più investimenti pubblici finanziati in deficit, che porterebbero miracolosamente a un tale aumento del Pil che il rapporto tra debito e Pil diminuirebbe.

Come ha notato Carlo Cottarelli: “Peccato che non ci sia un Paese che sia riuscito a ridurre in modo stabile il rapporto tra debito pubblico e Pil facendo più deficit. Non ce n’è uno”. A partire dall’Italia, aggiungerei. E poi dicono che Tria è quello rassicurante.

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2 COMMENTS

  1. se fare debiti corrispondesse a fare investimenti produttivi, la cosa ci starebbe… così fanno quelli che hanno idee su cui programmare uno sviluppo… che certo non vedo se si pensa di distribuire soldi per continuare a stare sul divano, e neppure se si chiede di lavorare per otto ore gratis presso i comuni, che di gente che non fa che scaldare la sedia o farsi timbrare il cartellino per andare per i fatti suoi ce n’hanno tutti già in sovrabbondanza….

  2. A scuola di Economia all’Italiana. Immaginate di avere una bilancia per misurare il PIL e il Debito Pubblico in Volume e non in Peso. Da una parte della bilancia abbiamo il Debito Pubblico che continua ad aumentare per effetto dei prelevamenti per far fronte alle sostenute spese programmate dal sistema Politico in atto: Pensioni d’Oro ai privilegiati , Stipendi d’Oro al numero sostenuto di Politici e loro amici di cui molti inqualificabili, i danni causati dall’inquinamento che vanno a pesare sulla Sanità Nazionale, i costi della Disoccupazione, ecc. Dall’altra parte della bilancia abbiamo il PIL Prodotto Interno Lordo che può essere manipolato a piacere per farlo apparire più sostanzioso della realtà. Non dimentichiamo che nel PIL vengono inserite anche le spese della Pubblica Amministrazione che nel nostro Paese prende forma quel famoso detto: Uno per scrive, l’altro per
    leggere, ed il terzo per controllare i primi due, tutti con super benefici per rendere il loro lavoro meno produttivo per non ridurre il numero di addetti. Il risultato di questo sistema é ben redditizio con quasi tutte le attività controllate dallo Stato in perenne fallimento e per mantenerle in piedi, la necessità di aumentare i costi della vita per mantenere e manipolare il PIL secondo le necessità contabili. Aumentare le Tasse, aumentare i costi dei servizi, ecc. Per salvare il Paese occorre cambiare il concetto filosofico che guida non soltanto la Politica Economica di sistema manipolando la realtà trascinandoci tutti nel fosso…

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