di MATTEO CORSINI
Commentando gli ultimi dati sugli indici dei direttori acquisti (PMI) del settore manifatturiero, che a dicembre hanno segnalato un ulteriore peggioramento a livello di eurozona (trainata in basso da Germania e Italia), Roberto Mania su Repubblica scrive, tra le altre cose:
“La questione industriale è stata troppo a lungo sottovalutata dalla politica, per pigrizia e per adesione acritica alle regole del mercato con annessa la sua presunta capacità di selezionare soggetti e settori. Solo qualche balbettio dalla politica prima di "Industria 4.0" dell'ex ministro Calenda, che ha incentivato la riconversione tecnologica del gruppo di testa delle nostre aziende lasciando però le altre ancora più indietro, e ora solo un silenzio assordante interrotto da parole a vanvera, mentre perdiamo terreno sul fronte dell'innovazione e delle nuove frontiere produttive. Perché non è politica industriale il salvataggio pubblico di aziende decotte (l'Iri non servì a quest
“Politica industriale” è un ossimoro. Altri aggettivi sarebbero più corretti: politica utopistica, inutile, dannosa, irrazionale, autoreferenziale (se tutto va bene), altrimenti criminale (se va male, come spesso accade).