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Censure e big-tech, la guerra al terrore ci arriva fin dentro casa

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di RON PAUL Le massicce epurazioni dei social media della scorsa settimana - a partire dal ban permanente del presidente Trump di Twitter e di altri media - sono state scioccanti e agghiaccianti, in particolare per chi di noi apprezza la libera espressione e il libero scambio di idee. Le giustificazioni addotte per mettere a tacere ampie fasce dell'opinione pubblica non avevano senso e il processo è stato tutt'altro che trasparente. In nessun punto dei due tweet "offensivi" del presidente Trump, per esempio, c'era un appello alla violenza espresso esplicitamente o implicitamente. È un classico esempio prima si condanna e poi si verifica. Molti americani hanno visto questo assalto dei social media come un attacco dei liberal o dei Democratici contro i conservatori e i Repubblicani, ma non hanno capito il punto. La restrizione dell'opinione pubblica ammessa nella piazza virtuale non è una cospirazione contro i conservatori. Come hanno sottolineato progressisti come Glenn Greenwald,
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