di MATTEO CORSINI
Come è (arci)noto, in Italia (e, anche se in misura non omogenea, nell'intera Europa) la quotazione in Borsa da parte delle aziende private non è mai stata il canale preferito per raccogliere capitali, men che meno la forma di investimento che andasse per la maggiore tra i risparmiatori.
Dal lato delle imprese, il finanziamento bancario è di gran lunga stato prevalente, mentre in anni più recenti il private equity è preferito al mercato regolamentato, che comporta oneri di compliance e di disclosure significativi, soprattutto per le PMI.
Dal lato dei risparmiatori sono stati probabilmente determinanti un misto di ignoranza finanziaria, una strana avversione al rischio in un contesto in cui, peraltro, vengono spesi miliardi in scommesse di vario genere, nonché la spinta ad acquistare titoli di Stato soggetti a una fiscalità di favore rispetto ai titoli di emittenti privati. La normativa, tra l'altro, a partire dalla costituzione, ha avuto la pretesa, n