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Il peggiore dei connubi possibili: quando il marxismo incontra il pessimismo esistenzialistico

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di PAOLO L. BERNARDINI

La peggior spazzatura intellettuale – che se la conferissi all’isola ecologica davanti a casa mia alla Terme Euganee verrei denunciato peggio che se vi avessi portato dell’uranio impoverito, o il cadavere di un bove in putrescenza – nasce dal connubio tra marxismo e pessimismo, insomma tra Marx e complici e Schopenhauer e sodali.

Che si tratti di spazzatura (con rispetto parlando per la spazzatura: essa viene riciclata in ogni modo, produttivo, quelli no, sono riciclati solo in materiale ancor più improduttivo e dannoso) è vero in entrambi i casi: ovvero per il marxismo preso di per sé, e per la filosofia negativa presa di per sé. Anche se non si incontrano. Ma conviene riflettere piuttosto su una cosa, in via preliminare.

Originariamente, si tratta di due filosofie virtualmente, ampiamente opposte. Il nichilismo totale prevede l’infelicità in questo mondo, e l’assenza dell’altro. Il marxismo certamente è ateo, materialista, ma configura, seppur in modo balordo e criminale, un “futuro” di felicità terrena, un mondo “nobilmente” ispirato a uguaglianza assoluta, benessere generale, riscatto completo dalla povertà, anche assenza di Stato, insomma un’utopia, anche se preliminarmente viene da chiedersi come tutto ciò sia possibile con l’abolizione della proprietà privata, atto mostruoso.

La risposta l’ha data la Storia con le centinaia di milioni di morti, la povertà, la violenza, le carestie, l’infelicità, l’annichilimento dell’umanità che il marxismo, il “progressismo di sinistra” , il comunismo hanno generato. E continuano a generare, fatevi un giretto in Venezuela o in Corea del Nord e vedete come ne uscite (intanto vi auguro una cosa: di uscirne vivi e già sarebbe eccellente). Oppure andate in Iran: ove il marxismo ha incontrato l’islamismo in un altro matrimonio quasi necessario, e vedete quanto bello spazio colà hanno la proprietà privata e il libero mercato. Dunque, se il pessimismo alla Schopenhauer toglie la felicità nel mondo di qui ed esclude il mondo ulteriore (“allegria!” direbbe Mike Bongiorno!), almeno il marxismo prospetta, una volta rovesciato violentemente il sistema capitalistico (ovvero alterato il corso naturale della società civile e sovvertiti sia il diritto naturale sia la natura umana!) e instaurato il collettivismo, la “felicità” in questo, nel mondo futuro, “senza classi”.

Ora, non è differenza da poco, tra due scuole di pensiero nate nella tragica festa dell’ateismo ottocentesco, e il trionfo di una filosofia, da Schopenhauer a Nietzsche, che è piacevolissima letteratura, e basta (in questo, ha un vantaggio sulla repellente prosa arruffata e sgrammaticata del marxismo). Schopenhauer, Nietzsche, e loro seguaci anche. Alcuni tra costoro, tra l’altro, predicavano il suicidio come soluzione radicale a tutti i problemi della vita (certamente, per tanti aspetti, lo è, un po’ come per qualcuno in cerca di sesso, tagliarsi tutto d’un colpo), cosa che aveva grande presa sui giovani universitari nell’incertezza della vita, ancora irrealizzati e pieni di chimere mostruose nel cervello, e ormoni impazziti nel corpo (le une in tragico connubio e in circolo continuo con gli altri).

Ad esempio, un tale Eduard von Hartmann. Erano i tempi del secondo Reich ai suoi esordi e Bismarck lo degnò di attenzione. Fu “attenzionato” , come si direbbe oggi. Avevano infatti segnalato gli effetti delle sue lezioni sconcertanti sui giovani universitari, studenti di filosofia: qualcuno davvero si uccise. Lo presero, lo portarono negli uffici della polizia prussiana (notoriamente deboluccia e garantista), gli fecero qualche discorsetto (forse un po’ brutale, per un povero professorino…) e costui poi tornò nelle aule, ma stavolta predicava, ma guarda un po’ , come fosse bella la vita, un giardino pieno di piante odorose e fruttifere da godersi in tutti i modi. “Chi vuol esser lieto sia!!” “Carpe diem!”. Suvvia, un po’ di coerenza! Ma i funzionari del II Reich forse lo avevano un po’ maltrattato. Si sa, uno il coraggio non se lo può dare e tanto meno (generalmente, non sempre) un professore universitario. Quindi: come mai il marxismo che dovrebbe contenere un messaggio ottimistico almeno per il futuro, e l’esistenzialismo nichilistico che non è ottimista né per il futuro né per il presente, si incontrano, a parte per la mala radice atea? Ebbene, questi due sistemi balordi si incontrano per una serie di motivi. (Da notare che i marxisti originariamente erano contro i nichilisti, vedendoli come esponenti della decadenza borghese).

Data per scontata l’assenza di Dio (“Dio è morto…” , interessante locuzione, che ad esempio un fine pensatore come Francesco Guccini aveva inserito in una sua canzone, sostenendo che Dio era morto anche “nelle auto prese a rate…” E in quelle in leasing? Era ancora vivo? Certamente poi se uno si compra una Ferrari California azzurro California, cash, Dio dev’essere ben vivo! Gli ha posto la mano sulla spalla…), la proiezione stessa della felicità in un futuro non si sa quando realizzabile, ma del tutto terreno, è motivo di profonda angoscia, a ben vedere, al di là dei mezzi balordi e insensati con cui si arriverebbe alla “Dittatura del Proletariato”; inoltre era ben chiaro che per la realizzazione di tale progetto fosse necessaria la violenza, di per sé nemica di ogni felicità, e che l’abolizione della proprietà privata e magari anche del matrimonio e l’introduzione della libertà sessuale fossero un pochino problematiche (magari in tale regime progressista di assoluta promiscuità sarebbe successo che vecchiacci tentassero di accoppiarsi con le giovinette, così è la natura umana, creando problematiche antiche come il mondo, aggravate però dal fatto che ci si trovasse in una società di massa, numerosissima: peraltro Daniele non fa fare una bella fine ai due orrendi vecchi libidinosi in Dan. 13 (Bibbie cattoliche, gli ebrei non l’hanno accettata nel canone, la vicenda della concupita Susanna, tutta panna! Ops..Manna!)).

Ma soprattutto era tutto proiettato in un futuro incerto, questo mondo felice. I giovani certo avendo davanti a sé tutta la vita erano maggiormente attratti da queste utopie, nel senso che da vecchi avrebbero visto risolto i problemi esistenziali e di sopravvivenza che li angustiavano da giovani. Che allegria! Naturale quindi che anche una filosofia che poneva il raggiungimento della felicità in un futuro incerto, e soprattutto in una dimensione collettiva (la felicità è condizione eminentemente individuale, fragilissima e indefinibile, alla fine), e attraverso mezzi violenti e innaturali (come e soprattutto nel caso dell’abolizione della proprietà privata e della famiglia) si sposasse alla fine col nichilismo assoluto, con le stupidaggini in bella prosa di Nietzsche e Schopenhauer.

Poi, quando il comunismo realizzato si è rivelato per la tragedia epocale che è stato e che ancora in parte è, il matrimonio tra marxismo, esistenzialismo e nichilismo è divenuto quasi naturale, anzi quasi necessario. I marxisti si sono scagliati contro la natura umana stessa, contro gli esseri umani accusati di non essere all’altezza del suprema ideale comunista, e dunque di avere la natura corrotta di base, che impedisce la realizzazione della vera felicità collettiva. Nichilismo su nichilismo, pessimismo su pessimismo. E alle cagate metafisiche sull’infelicità del genere umano di Schopenhauer, agli spropositi grotteschi di Zarathustra, si è aggiunta la disperazione dei marxisti per la non- realizzabilità della loro utopia, a causa della cattiva natura e/o perversione culturale propria del genere umane. Anche per via, magari, della naturale inclinazione dell’uomo verso la proprietà, la famiglia, e la libertà. Ma che cosa strana! Che orrore, per i comunisti! Il tutto condito poi in ultimo da abbondante dose di invidia sociale (che hanno anche i nichilisti: Schopenhauer invidiava Hegel che si prendeva tutti gli studenti di filosofia di Berlino– poveretti, dalla padella alla brace, ma forse Hegel dava voti più alti… – Nietzsche quelli che avevano successo più di lui, ovvero quasi tutti, povero che non trovava editori, e i sani di mente; Leopardi il suo bell’amichetto napoletano che poteva mangiarsi il gelato senza crepare per il diabete). Cosa che ha conferito al marxismo sopravvissuto come ideologia alla tragica, vergognosa, spaventosa fine della sua realizzazione in terra, un tocco di disperazione esistenzialistica non da poco.

Dio che era morto nelle auto prese a rate di Guccini, poi fracassate in incidenti, ché “lunga e diritta correva la strada” , è uscito dai rottami delle medesime, e si è presentato alle assicurazioni. Ha ottenuto un immenso rimborso danni. E dunque questa spazzatura dovrebbe essere oramai sepolta per sempre. Magari si dovrebbe dire agli studenti che Marx aveva vissuto gran parte della propria vita con una “borsa di studio” (o se vogliamo, un “sussidio di disoccupazione”) peraltro tutti privati, e non pubblici: i soldi del papà del suo amichetto Engels, di professione industriale (il papà, non il figlio, un parassita come Karl). Ma non lo è. Perché non lo è? Perché nelle università legioni di semilavorati del sapere, di cultori del “pensiero debole” (se penso che è passato per filosofo Gianni Vattimo, un caso umano, un povero in spirito, privo di ogni consistenza speculativa, il figlio perfetto delle nozze tra arroganza e ignoranza, accoppiatesi per l’occasione del concepimento in qualche motel di provincia basso-piemontese, alieno da ogni nozione tecnica, ma abile nel vendersi come gay, come comunista, come “intellettuale organico” – da mettere nell’ “organico” appunto, nell’isola ecologica sotto casa mia, e non nel “vetro” o “secco residuo” , a pena di grave sanzione: si leggano i suoi scritti!) di marxisti-progressisti- collettivisti-nichilisti ora riciclatisi, per non morire (“come si cambia, per non morire…” vero Fiorella Mannoia?), in politicamente-corretti-catastrofisti-ambientalisti- decrescitisti (felici)-LGBTGGBB (quel che è…), continuano ad insegnare queste dottrine morte, ma non morte in pace, morte dopo aver fatto a propria volta morire centinaia di milioni di persone. Vergogna!

I danni che costoro fanno sono immensi. Perché i giovani sono spesso deboli, sono in cerca di identità, sposano ideali di giustizia universale perché lottare perché non muoia più nessuno a Gaza e nessuna soffra più la fame nel vasto mondo significa per loro – proiettando la soluzione del loro personale, privatissimo disagio nella soluzione ideale di ogni male nel mondo – sperare che con la pace a Gaza arrivi anche nella loro dimensione personalissima, oscura, un lavoro (non faticoso), un fidanzato, una casa per loro, una famiglia, una vincita favolosa al Gratta&Vinci, smettano di essere depressi, obesi, anoressici, dipendenti da psicofarmaci, e psicoterapeuti, e psicanalisti, sessualmente incerti, insomma trovino la loro posizione/collocazione nella Vita, perché al momento non la hanno per niente (non tutti, sia chiaro: ho studenti a Como che lavorano, si mantengono, vogliono imparare cose sane e se gli raccontassi cotali cagate assolute neanche più entrerebbero in classe). Peraltro, per una borsa di studio, o magari un posto fisso e un bravo fidanzatino, e l’ultimo modello di cellulare e computer baratterebbero tutti i loro ideali, questi giovani precari-rivoluzionari: che buttino pure l’atomica, su Gaza (sanno dov’è? Mah, dubito anche di questo): basta che io mi sistemi e stia bene e abbia l’ultimo Apple! Sono cinico? E’ così.

E allora questi filosofastri ex-cathedra, ma spesso neanche in cattedra, questi esserini incerti e ormai già invecchiati, con storie personali tragicomiche e generalmente infelici, iniettano consapevolmente, in piena “falsa coscienza” (per usare un attrezzo del loro sgangherato armamentario linguistico-ideologico) dalle aule il germe dell’infelicità, del nichilismo, del marxismo, in menti giovani e fragili, in ragazzi e ragazze ancora in cerca di una propria dimensione, condendolo con qualche citazione da lingue straniere mal conosciute e mal pronunciate.

I risultati sono devastanti. Questi semivecchi falliti proiettano il loro fallimento certificato dalle carte, dalla vita, oramai irreversibile, su allievi plasmabili e incerti (ma ancora in grado di avere una vita ben degna e piena e libera da fregnacce): è la loro vendetta per essere sia personalmente falliti, sia aderenti a ideologie a loro volta del tutto fallite in partenza, e del tutto fallite in arrivo. Non accade naturalmente in ogni università (mi riferisco ovviamente ai settori umanistici e di scienze sociali, gli scienziati puri e applicati magari cercano una cura al cancro, un motore a consumi zero, e non si occupano di cotali minchiate), ma alcune spiccano nell’orrore (Torino, Pisa), altre come la mia contemplano magari liberali e libertari nelle aule, che magari cercano di instillare la gioia di vivere ai giovani, e non sono funebri vestali rosse di ideologie che sarebbe già un bene se fossero morte senza essersi dimostrate per oltre un secolo anche assassine. Poi è bello leggere Schopenhauer e Nietzsche, per carità, ogni tanto hanno anche qualche illuminazione, qualche bell’aforisma. Fanno pensare. Veramente. Ad esempio, quando Nietzsche dice che l’uomo è a metà tra la bestia e il superuomo, dice cosa saggia: quando è in bagno a cagare è un po’ bestia, poi magari esce dal bagno, si mette al computer e scrive un aforisma. Ed ecco che è un po’ superuomo. “Noi perdiamo tre quarti di noi stessi per essere come le altre persone”. Scriveva Schopenhauer.

Io perdo tre quarti di me stesso per essere diverso da esse. Ma soprattutto dai filosofi, storici, scienziati politici grufolanti in cotali territori del…”sapere”. Mah… Alle isole ecologiche ci si reca per conferire i rifiuti. Lo spritz lo bevo al bar Fontana. In bellissima compagnia, con giovani splendide che lavorano da mattino a sera, perché magari non possono permettersi l’università. Un luogo da tale isola ecologica ben lontano.

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2 COMMENTS

  1. Sì, ma nel 65 le auto in leasing non credo neanche ci fossero (e se proprio c’erano saranno state pochissime in tutta Italia), mentre le auto a rate erano la norma, nell’italietta in pieno boom da cambiali.

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