di LEONARDO FACCO
"Sinner può abbattere a Wimbledon l'ultimo tabù d'Italia. E fare ancora del bene al Paese". Questo è il titolo della Gazzetta dello Sport di ieri su Jannik Sinner (un sudtirolese), che a Wimbledon ha conquistato la finale, battendo Novak Djokovic. Quel richiamo a un "fare ancora del bene al Paese", solleva una questione antica quanto lo sport stesso: quanto è sottile il confine tra sano orgoglio nazionale e nazionalismo becero? Un'affermazione del genere, così retorica e imbevuta di aspettative quasi messianiche, degne di Mattarella appunto, evoca pericolosamente echi di un passato in cui lo sport era, a tutti gli effetti, un potente strumento di propaganda statalista.
Lo sciovinismo sportivo, inteso come l'esaltazione acritica e spesso aggressiva della propria nazione attraverso le vittorie atletiche, è un fenomeno che, purtroppo, continua a riaffiorare. Basta frequentare un bar per rendersene conto. Si manifesta nell'enfasi smodata posta sui successi ind