di MARIETTO CERNEAZ
Tocqueville osservava che in America il predominio della classe media aveva evitato gli estremi di ricchezza e povertà, dando luogo a una società di “uguaglianza delle condizioni” e di “morali industri” (Tocqueville, 1835, vol. II, cap. 3)¹. Per lui la borghesia, grazie alle proprie virtù di laboriosità e istruzione, era il vero baluardo delle istituzioni libere e del pluralismo.
Anche Benjamin Constant, già nel 1815, vedeva nel commercio e nelle professioni borghesi una forza pacificatrice: “Il commercio ispira agli uomini l’amore per l’indipendenza” (Constant, Principi di politica, cap. XV)².
Ma gli autori che hanno scritto di "virtù borghesi e progresso economico" sono diversi.Werner Sombart, in Il borghese, pur con ambivalenze, riconosce al ceto medio la capacità di razionalizzare la vita economica e di fondare il capitalismo moderno su “spirito di calcolo e autodisciplina”³.
Questa intuizione è stata ripresa e radicalmente rif