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L’Articolo 22 degli ecotalebani a stelle e strisce

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di MATTEO CORSINI

Di recente uno degli ecotalebani che scrivono su Bloomberg, Mark Gongloff, è tornato a tirare in ballo la Federal Reserve, che è oggetto di critiche non solo da parte di Orange Man, ma anche degli ecotalebani, perché se i tassi di interesse fossero più bassi sarebbe più facile finanziare gli investimenti green.

“L’era dei tassi di interesse rasoterra prima della pandemia aiutarono il momentum del green-tech che sopravvisse al tentativo di sofforcarlo da parte di Trump durante il suo primo mandato”, scrive (sospirando?) Gongloff. Poi ci fu la grande inflazione dei prezzi al consumo, la Fed alzò i tassi fino al 5,5% e tutto divenne tremendamente difficile. Nonostante lgi incentivi miliardari di Biden. Secondo Gongloff, se la Fed non abbassa i tassi e gli investimenti green latitano, i disastri naturali e le siccità porteranno un aumento di tutti i prezzi, dal cibo alle assicurazioni.

Ma c’è una sorta di comma 22: se la Fed abbassa i tassi, sembra che lo faccia per assecondare i desideri di Trump, quindi “la sua credibilità sarebbe danneggiata e l’inflazione rischierebbe di andare fuori controllo nuovamente”. Ora, piaccia o meno a Gongloff, la politica monetaria espansiva finisce sempre per far aumentare i prezzi di qualche bene o servizio, in ogni caso generando una variazione dei prezzi relativi e una redistribuzione della ricchezza. E questo a prescindere dalle intenzioni più o meno green dei banchieri centrali.

Quanto agli investimenti, non sono solo quelli green a beneficiare di tassi bassi per essere finanziati. Ma gli investimenti che richiedono tassi artificialmente bassi per apparire convenienti ex ante, a prescindere dal loro colore, sono malinvestimenti, come li avrebbe definiti Ludwig von Mises. Destinati a implodere una volta tolto il doping monetario.

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