di LEONARDO FACCO
A Minori, provincia di Salerno, è andato in scena un musical dedicato alla "rivolta di Masaniello", che infiammò i napoletani nel lontano secolo Diciassettesimo: "La pressione fiscale è un torchio senza tempo ma la reazione varia, a seconda delle epoche: basti pensare che Masaniello aveva solo 27 anni quando, armato solamente di canne da pesca e bastoni, incitò il popolo a ribellarsi alle tasse imposte dal governo spagnolo, le gabelle. Quel ‘disgraziato’ d’un pescivendolo, eppure, incarna, ancora oggi, lo spirito del popolo campano che non smette di rendergli omaggio". Così, la presentazione dello spettacolo.
Come ebbi modo di dire a Bruno Tinti - un magistrato che mi augurò la galera - durante una trasmissione su RaiTre, la storia dell’umanità è una storia di rivolte fiscali, che solitamente si manifestano in tre fasi: cominciano con la mal sopportazione del comportamento dei gabellieri, qualche critica e un po’ di evasione (che per dirla con
Concordo con tutto l’articolo, facendo un’ulteriore considerazione sull’espressione «La democrazia italiana». Certo, quella italiana è peggiore di tante altre. Però la democrazia ha in sé principi e contraddizioni di fondo che ne fanno, in tutti i casi, uno strumento di governo non… democratico. Intendo dire che il governo democratico non è mai, come molti – ma non certo Leonardo Facco – ingenuamente credono, sinonimo di «governo del popolo» e di «libertà». Ciò è ben chiaro agli studiosi di storia, almeno a quelli che non raccontano favole in malafede.
In particolare, in relazione al problema fiscale, le democrazie moderne (diciamo dalla rivoluzione Francese in poi), hanno sempre aumentato i livelli di tassazione, tanto da superare di gran lunga quelli del precedente periodo dei governi assolutisti. La quantità del prelievo fiscale, le modalità del prelievo e l’uso delle risorse fiscali dimostrano che la «democrazia», in questo settore, è più assolutista dell’assolutismo. Non per nulla si è spesso anche delineata la categoria storica e teorica della «democrazia totalitaria».
Chiudo con una curiosità forse non abbastanza nota. Fra le critiche che gli illuministi del Settecento rivolgevano ai governi assoluti, in particolare a quelli meno organizzati, come nello Stato della Chiesa, vi era l’accusa che la tassazione era troppo bassa, per cui lo Stato non aveva le risorse per provvedere ai bisogni pubblici, come la costruzione di infrastrutture, la diffusione dell’istruzione, la garanzia di una polizia più efficace e di un esercito più forte ecc. Non si chiedevano meno tasse, ma più tasse. Logicamente – almeno a parole – giustificate con l’interesse pubblico e la loro migliore e più onesta gestione.
La democrazia ci ha dato più tasse, ma non sempre una loro migliore gestione.
Grazie!
E’ la realtà.
Chi ha senso della propria libertà e della propria individualità non può non accorgersene.