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L’elogio del silenzio e la forza della parola

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di PAOLO MARINI* Nel corso del 2012 sono, per lunghi tratti, approdato ad una sorta di afasia, frutto di crescente insofferenza alla vicenda della nostra vita collettiva: una indisponibilità a partecipare al Circo Barnum della parola; un silenzio, anche interiore, impostosi come un sipario sul palcoscenico; e assieme una sorta di epoché, la sospensione del giudizio di origine scettica. Posto che mala tempora currunt sarà, questa, cosa saggia? Ha affermato il Mahatma Gandhi:“Spesso (...) il linguaggio è uno strumento insufficiente ad esprimere i miei più profondi sentimenti”. Ma c'è di peggio: da facoltà imprescindibile e normalmente inoffensiva dell'homo sapiens, esso può rapidamente volgersi in strumento di violenza e sopraffazione. C'è dunque un momento in cui uno si accorge che parlare o scrivere può servire esattamente a nulla; se non, addirittura, essere controproducente. Se si riflette sulla montagna di parole scritte e parlate, in particolare sui media, ci si
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