di LUCA NEGRI
Rischio costante dell’opera di Aleksandr Solženicyn è di finire confinata al mero interesse storico, memorialistico, di testimonianza. Questo perché il suo monumentale “Arcipelago Gulag” rimane uno dei testi imprescindibili per comprendere il secolo scorso. In quelle pagine la Storia incontra veramente le storie individuali, l’epica diventa diario e viceversa: un grande romanzo, anche se non ha bisogno di ricorrere alla finzione. Infatti Solženicyn fu fin dal principio un grande narratore, un romanziere in cui si davano appuntamento i talenti di predecessori come Gogol’, Dovstoevskij, Tolstoj (stessa cosa succedeva in Pasternak, seppur in tutt’altro modo). Aveva ragione Cristina Campo quando dichiarò a metà degli anni ’70 “oggi Solženicyn è qualcosa che ti fa piegare le ginocchia”.
Difatti siamo finiti in ginocchio anche leggendo il primo romanzo, l’incompiuto “Ama la Rivoluzione!”, finalmente disponibile in Italia grazie a Jaca Book.
Comments are closed.