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Anche i liberi professionisti schifano la concorrenza

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di MATTEO CORSINI

In Italia, come noto, abbondano gli ordini professionali, tipica espressione del modello corporativista. Col passare del tempo, invece che diminuire, il numero degli ordini tende ad aumentare, anche se non al pari delle richieste provenienti da questa o quella associazione volta a ritenere il riconoscimento pubblico di ordine professionale. Altrettanto nota è la lamentela da parte degli esponenti degli ordini in merito alla mancanza, peraltro in essere da pochi anni, di un tariffario minimo vincolante, oggi definito “equo compenso”.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sembra sensibile alle richieste dei professionisti: “C’è spazio per lavorare sul tema dell’equo compenso”, argomento che “va giustamente affrontato in quanto è legittimo che ci sia qualche “standard” cui riferirsi per definire il livello che tutti quanti definiamo equo compenso”.

In realtà ogni compenso è equo quando concordato volontariamente tra le parti. Quella che va sotto la richiesta di introduzione di un “equo compenso” non è altro che la volontà protezionistica di reintrodurre un tariffario minimo.

I professionisti sostengono che a prezzi bassi corrisponde una qualità altrettanto bassa della prestazione professionale. Il che può essere vero, ma lo stesso si può affermare riferendosi ai prezzi praticati da un ristorante o da un negozio di abbigliamento. Nulla vieta a un cliente di rivolgersi a un professionista che pratica prezzi più elevati di altri in virtù di competenze riconosciutegli superiori a quelle dei concorrenti.

E forse è proprio questo il problema: la concorrenza. Una brutta bestia, che piace solo quando si è consumatori.

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2 COMMENTS

  1. Occorre fare alcune precisazioni: un infermiere ha delle conoscenze mediche eppure nessuno si sognerebbe di fargli tentare un operazione al pari di un chirurgo così come ad un laureato in medicina ma odontoiatra. Questa non è concorrenza, la concorrenza deve essere tra medici chirurghi che devono essere di praticare il prezzo che preferiscono.
    Purtroppo gli anni (e i soldi spesi) passati a studiare all’università, a specializzarsi o a fare pratica, non sono tutelati in pochi settori. Solo i notai possono fare i notai o gli avvocati (non i semplici laureati in legge) presenziare in tribunale, invece il lavoro di un laureato in informatica può essere svolto senza alcuna limitazione o sanzione da un semplice diplomato o da chi abbia fatto un semplice corso. Il lavoro degli ingegneri civili è poco tutelato e può essere fatto anche da architetti o geometri. Il colmo si raggiunge con i dottori commercialisti che vedono le loro mansioni svolte senza alcuno scandalo da ragionieri commercialisti, caf, tributaristi o semplici geometri che si sono “comprati un programma”. La realtà è che i commercialisti, benchè abbiano delle tariffe obbligatorie, spesso praticano tariffe inferiori, ma non in ragione della concorrenza di chi commercialista non è, è perché le tariffe sono fuori mercato e studiate per chi ha dei grossi Studi, pensiamo ai bassi costi di chi magari ha lo Studio in casa, senza segretaria o impiegati. Non così i Notai, che spesso si limitano a ricevere la bozza del contratto, dell’atto da un commercialista, lo copia e lui prende l’onorario,il commercialista no, eppure sono magari atti relativi a trasformazioni societarie ed ambedue hanno sostenuto esami di Stato.
    L’equo compenso dovrebbe tutelare i professionisti dalla concorrena al ribasso, invece dell’equo compenso si dovrebbe tutelare l’accesso alle professioni da parte degli abusivi, per i taxi lo fanno per gli altri no? Allora aboliamo corsi di laurea ed esami di Stato.

  2. Si passa dall’equo canone all’equo compenso.
    L’importante è regolamentare ed arraffare.
    I diretti interessati, la gente ignorante e i risparmiatori fessi, abbozzano.

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